il manifesto 12.11.16
Voto all’estero, l'”equivoco” di Renzi
Referendum.
Lettera come premier a quasi cinque milioni di italiani iscritti
all'Aire per invitarli a votare Sì. Ma era a nome del partito, che l'ha
anche pagata: "Scrive come segretario e non come premier". Però si
presenta come "rappresentante" dell'Italia nel mondo. E a Gargani che ha
chiesto gli elenchi per il comitato del No sono stati dati senza
indirizzi
di Andrea Fabozzi
L’equivoco, se di
questo si tratta, lo ha alimentato la ministra Boschi. Rivolgendosi
giovedì ai comitati per il Sì che hanno sede all’estero, ha annunciato
una lettera agli elettori italiani nel mondo «del presidente del
Consiglio, contemporaneamente, ma non insieme fisicamente altrimenti
scatta la polemica, alla scheda elettorale» per il referendum. Il testo
di questa lettera, che è ovviamente un elenco delle meraviglie della
riforma costituzionale concluso dall’invito a votare Sì, è una conferma
dell’equivoco, se ancora di equivoco si tratta. Perché Renzi scrive come
«orgoglioso rappresentante del paese che tutti amiamo», cioè come
presidente del Consiglio. Di fronte alle prime polemiche, il Pd ha
cercato di rimediare assicurando che «si tratta di un’iniziativa
elettorale del Pd sostenuta interamente dal punto di vista economico dal
partito». Boschi dunque intendeva dire «una lettera del segretario del
Pd». La confusione è frequente.
Il caso però non può chiudersi
qui, anzi i comitati del No hanno chiesto al presidente della Repubblica
un incontro «urgente» per «rappresentare le gravi preoccupazioni in
ordine alla correttezza della competizione referendaria con particolare
riferimento agli italiani residenti all’estero». Che sono quasi cinque
milioni, molti dei quali residenti in Sudamerica dove Maria Elena Boschi
si è recata a settembre per tenere comizi per il Sì organizzati
direttamente dalle ambasciate (vedi il manifesto del 28 e 29 settembre
2016). I comitati del No hanno chiesto di essere ricevuti anche dal
ministro degli esteri Gentiloni – il comitato presieduto da Pace e
Zagrebelsky lo aveva chiesto anche parecchi mesi fa, invano – che è il
responsabile delle liste degli italiani residenti all’estero iscritti
all’Aire (che dovranno votare entro il 1 dicembre ma che ancora non
hanno ricevuto il plico elettorale).
Queste liste sono a
disposizione dei partiti. Un provvedimento del garante della privacy del
2014 lo chiarisce senza possibilità di dubbio. Qualche dubbio invece
c’è su come abbia fatto il segretario del Pd a riceverli, se mediante
richiesta regolare (è prevista la possibilità di estrarne copie a
pagamento) oppure per le vie brevi, che sono alla portata sua e non di
altri. È un po’ gracile, infatti, la replica dei renziani a chi
polemizza, basata sul fatto che sia Silvio Berlusconi (nel febbraio
2008) che Pier Luigi Bersani (nel gennaio 2013) hanno preso identica
iniziativa. Nessuno dei due era all’epoca a palazzo Chigi e poteva
presentarsi agli elettori come «rappresentante» del paese «in ogni
viaggio all’estero, ogni volta che ho sentito risuonare l’inno di Mameli
con voi, ogni volta che ho incrociato i vostri sguardi orgogliosi, ogni
volta che sono riuscito a stringervi le mani».
Ci sarebbe anche
una prova del trattamento privilegiato riservato al capo del governo. La
fornisce Giuseppe Gargani, ex deputato Dc e parlamentare europeo di
Forza Italia, che attualmente presiede il Comitato «popolare per il No».
«Venti giorni fa sono andato a chiedere gli elenchi degli italiani che
votano all’estero direttamente al Viminale, sono stati molto gentili e
dopo appena cinque giorni mi hanno consegnato un Cd. Dentro ci sono
circa quattro milioni di nomi e cognomi, ma nessun indirizzo. Ragioni di
privacy, mi hanno spiegato».
L’altro aspetto che preoccupa i
sostenitori del No è quello dei costi di spedizione di queste lettere.
Il Pd garantisce che tutta l’operazione è stata fatta a carico del
partito, e ci mancherebbe. Peraltro il partito – a sentire palazzo Chigi
– si è già pesantemente esposto per sostenere il costo del super
consulente americano di Renzi, Jim Messina, che sarebbe costato 400mila
euro. Per le spedizioni della lettera del presidente del
Consiglio/segretario del partito il costo potrebbe essere stato
leggermente inferiore, o leggermente superiore. Le Poste garantiscono
infatti una tariffa agevolata per la spedizione di materiale elettorale,
sotto costo: a prezzo pieno quattro milioni e ottocentomila lettere
sarebbero costate 13 milioni e mezzo – più dell’abolizione del Cnel come
ha fatto notare l’ex ministro Quagliariello. Esistono invece due tipi
di spedizione agevolata, una semi gratuita (4 centesimi) e una a prezzo
contenuto (16 centesimi). Ma se le lettere non sono ancora partite, solo
la seconda garantisce che il messaggio di Matteo Renzi possa arrivare
in tempo per il referendum.