il manifesto 11.11.16
Proteste contro The Donald: «Dureranno quattro anni»
Stati
uniti. Le manifestazioni di ieri non saranno un episodio isolato, ma
sono il segnale che non sarà una presidenza semplice quella di Trump che
rischia, da qui in avanti, di ritrovarsi sempre metá nazione a
ricordargli che non si ritiene rappresentata da lui e con la quale dovrà
fare i conti
di Marina Catucci
NEW YORK A meno
di 24 ore dall’elezione di Trump come presidente, in più di venti città
degli Stati uniti i cittadini sono scesi in piazza, numerosi, per
manifestare la propria contrarietà e la propria preoccupazione. Migliaia
di persone a Boston, Chicago, New York, Seattle, Oakland, Austin,
Portland, Albuquerque, Los Angeles, si sono organizzate tramite un tam
tam online e nel giro di poche ore sono arrivate nei luoghi di
concentramento.
La manifestazione più imponente, come prevedibile,
è stata quella di New York dove, sotto la Trump Tower, si sono riuniti
due eventi: un rally, vale a dire una specie di comizio che si è svolto a
Columbus Circle, l’angolo sud ovest di Central Park, e un corteo
partito da Union square, downtown Manhattan. Oltre 10.000 persone per un
corteo che ha occupato venti isolati: si tratta di numeri imponenti in
America.
La composizione di questo corteo, così come quello delle
manifestazioni nelle altre città, era estremamente vario: Occupy Wall
Street, i sanderisti, Black Lives Matter, il movimento Lgbtq e poi
qualsiasi gruppo che si è sentito offeso da Trump durante la sua
violentissima campagna elettorale: rappresentanti della comunità
messicana, musulmana, donne, uniti nel dire «Non sei il nostro
presidente».
Dopo mesi di dichiarazioni offensive, drastiche,
Trump è salito sul podio ed ha pacatamente annunciato che sarà il
presidente di tutti, e che da ora in poi il paese deve essere unito.
Come a dire, «Tutto passato, voltiamo pagina».
Questo per le
migliaia di persone in piazza, ieri, non è accettabile, e se ora vuol
essere il presidente di tutti, non è detto che tutti ora lo vogliano
come presidente. Un altro messaggio che arriva da questa manifestazione è
un avvertimento: c’è una parte di America che lo osserva, ed è pronta a
manifestare ogni volta che ce ne sarà bisogno, non gli lascerà
applicare il suo folle programma in silenzio, ed il piano è quello di
mobilitarsi già da ora per le elezioni di medio termine, che avverranno
tra due anni, in modo da rimettere in mano ai democratici camera e
senato, ed arrivare in forze al 3 novembre 2020, data delle prossime
presidenziali.
Per le strade c’era anche Michael Moore che ha
fatto un livestream della manifestaione e che il giorno dopo ha
pubblicato sul suo sito e poi pubblicizzato tramite tutti i suoi canali
social, le azioni da compiere subito, prima che Trump possa fare troppi
danni. In questo momento i cittadini americani hanno il compito di far
sentire il dissenso; con tutti gli organi di potere in mano repubblicana
e sempre un giudice della corte suprema da eleggere, la base non può
delegare tutto ai propri depotenziati rappresentanti, e di questo i
manifestanti sono consapevoli.
«Durante l’era Bush sono stato un
attivista e un radio-giornalista – dice Rob Vincent, hacker, e tutt’ora
giornalista e attivista – adesso mi sento come se dei muscoli che non
uso da 8 anni stiano ricominciando a lavorare».
L’America di oggi
non ha alle spalle solo i due mandati di Obama, ma l’esperienza di
un’opposizione che era diventata sistematica, alla presidenza Bush; dopo
questa c’è stata Occupy Wall Street, il nuovo movimento per i diritti
civili degli afro-americani, il fenomeno Bernie Sanders.
Le
manifestazioni di ieri non saranno un episodio isolato, ma sono il
segnale che non sarà una presidenza semplice quella di Trump che
rischia, da qui in avanti, di ritrovarsi sempre metà nazione a
ricordargli che non si ritiene rappresentata da lui e con la quale dovrà
fare i conti.
Le offese di Trump risuonano ancora nelle orecchie di chi le ha ricevute e coprono uno spettro ampio della popolazione.
Il
timore di molti è che queste manifestazioni possano incrociarsi e
quindi scontrarsi con quelle dei sostenitori di Trump che ha più volte
invitato la sua base a non perdersi in sciocche correttezze e passare
all’azione con i propri avversari.
Al momento ciò non sta
accadendo, ma le piazze non rimarranno vuote. «Devo allontanarmi in
attimo, fino a quando continua questa protesta?» – ha chiesto un ragazzo
a una militante davanti la Trump Tower, l’altra sera. «Quattro anni» è
stata la risposta.