il manifesto 10.11.16
Cuba inizia grandi esercitazioni militari
Bastione 2016. Forti timori del governo di Raúl Castro per l'arrivo di Trump alla Casa bianca
di Roberto Livi 
L'AVANA
 Forte preoccupazione del governo di Raúl Castro, sconcerto nella 
popolazione che nel processo di normalizzazione dei rapporti con gli 
Stati Uniti vede le basi per un miglioramento della vita di tutti i 
giorni. L’elezione di Donald Trump a 45° presidente degli Stati uniti, 
con il pieno controllo del Congresso e con la rielezione in Florida 
proprio dei più attivi esponenti dell’anticastrismo, rappresenta per 
l’isola una vera doccia fredda.
Negli ultimi giorni di campagna 
elettorale, in Florida, Trump aveva detto chiaramente che «le 
concessioni» attuate da Barack Obama «hanno beneficiato solo il regime 
dei Castro»; e che si trattava di «ordini esecutivi», non leggi, e 
dunque eliminabili una volta insediatosi alla Casa bianca al posto di 
Obama. Su queste prese di posizioni, Trump ha ricevuto in Florida – dove
 vivono quasi due milioni di cubano-americani – il 49,1% dei voti contro
 il 47,7% di Hillary Clinton, conquistando uno Stato chiave per 
l’elezione. Non solo, la «pancia» della Florida ha rieletto i più noti e
 attivi avversari delle misure decise da Obama, il senatore Mario Rubio,
 i deputati Ileana Ros-Lethinen, Mario Díaz Balart, Carlos Curbelo, 
tutti schierati contro la normalizzazione dei rapporti con Cuba fino a 
quando vige «la dittatura dei Castro».
La mancanza di reazioni 
ufficiali ieri mattina all’Avana rendeva evidente la grande 
preoccupazione del governo e il timore che Trump possa attuare una 
marcia indietro. Non è che il vertice politico si attendesse molto da 
Clinton. Più volte nella campagna presidenziale Usa esponenti politici 
cubani avevano ripetuto che le aperture di Obama rappresentavano il 
guanto di velluto della vecchia politica nordamericana per un cambio di 
governo nell’isola e che la il presidente americano non aveva usato 
tutte le sue prerogative per svuotare di contenuto l’embargo. Ma era 
chiaro che il vertice politico puntava sul fatto che Hillary si era 
espressa a favore della continuazione della linea di Obama. Intanto 
Josefina Vidal, responsabile cubana delle trattative con Washington, si 
augura che il dialogo continui nel rispetto dell’eguaglianza e della 
sovranità nazionale. Ma sull’attesa delle vere intenzioni di Trump la 
dice lunga l’annuncio fatto ieri dalle Forze armate rivoluzionarie (Far)
 che il prossimo 16 inizieranno le esercitazioni militari «Bastione 
2016», che dureranno fino al 20 e coinvolgeranno anche le organizzazioni
 popolari di difesa delle rivoluzione. Le manovre hanno lo scopo di 
«preparare le truppe e la popolazione a affrontare differenti azioni del
 nemico» e avranno luogo in tutta l’isola con eccezione della regione di
 Guantanamo di recente devastata dall’uragano Matthew.
Ovviamente 
si tratta di esercitazioni previste da tempo, ma la coincidenza tra il 
concetto di «guerra popolare» e una possibile marcia indietro di 
Washington nella normalizzazione dei rapporti con l’Avana rischia di 
ricordare i tempi del confronto con gli Usa. Tanto più che in una parte 
del vertice politico, compreso il lider maximo Fidel, continua a 
ritenere che gli Stati Uniti non rinunciano alla loro politica imperiale
 – come dimostrano la politica aggressiva verso il Venezuela, l’appoggio
 al golpe parlamentare di Temer in Brasile, la critica alla rielezione 
di Ortega in Nicaragua, per limitarsi ad alcuni esempi- e che l’Avana 
deve rimanere il centro della resistenza latinoamericana.
 
