Il Fatto 5.11.16
Scalfari, Di Battista e le domande carbonio14
di Daniela Ranieri
L’esperimento
tentato a Otto e mezzo giovedì, mettere insieme Eugenio Scalfari,
fondatore di Repubblica e 92 anni di altre cose, e Alessandro Di
Battista, il Che Guevara del M5S, è stato a cavallo tra il test di
laboratorio di fisica delle particelle e il dibattito alla facoltà di
Sociologia di Trento. Come invitare l’intero catalogo Einaudi contro un
graphic novel e restare a guardare l’effetto che fa. Esplosione?
Repulsione? Incompatibilità? Eccoli, venerato maestro e brillante
promessa; in mezzo, ad aleggiare per lo studio, lo spirito del solito
stronzo, passaggio inevitabile di tante carriere e fantasma inquieto in
cerca di pace. Inizia Scalfari: “È la prima volta che vedo un grillino
in carne e ossa”, ed è già Incontri ravvicinati del terzo tipo, col
“grillino” che scende dall’astronave talmente pettinato e benvestito che
Scalfari deve ricalcolare il percorso dal format “saggio e sincero
democratico vs facinoroso estremista plagiato da un comico”. Allora:
“Volete fare piazza pulita” (non “rottamare”, che invece senti come
suona dolce), “Non fate il bene del prossimo” (non hanno nemmeno abolito
l’art. 18). Di Battista attua tutta una sua strategia di programmazione
neurolinguistica per sembrare umile e ricettivo, ma Scalfari ha un
cruccio: perché invece di entrare nel M5S “non si è messo a favore
della classe operaia? ” (come si sa gli operai non votano M5S, gli 8
milioni di voti che ha preso sono tutti di imprenditori, lavoratori di
concetto, poeti). E giù di “triangolo produttivo”, Fiat, Di Vittorio.
Manca solo la scala mobile. Mentre a casa si sta facendo il Carbonio14
alla domanda di Scalfari e si danno botte al televisore perché riprenda
il colore, Di Battista cita l’intervista di Scalfari a Berlinguer sulla
questione morale, e qui, improvvisamente, Ionesco: “Poteva scegliere
Berlinguer”, fa Scalfari. “Era morto”, fa Di Battista. Esperimento
riuscito.