Corriere Salute 20.11.16
Adolescenti alla ricerca di un «porto sicuro» Che non trovano più
di Maurizio Tucci
L’abitudine
sempre crescente a utilizzare i social network ha creato una
generazione di adolescenti in bilico tra una socialità “classica”,
ovvero all’interno del gruppo dei pari, ed una socialità “in rete”.
Ambiti che molte volte hanno ampi margini di sovrapposizione (gli amici
“reali” sono anche quelli con cui ci si è in contatto sui social), ma
tante altre aprono nuovi scenari relazionali con le opportunità, ma
anche i rischi, che ciò può comportare. Ed è per valutare questi aspetti
che la Società italiana di medicina dell’adolescenza (Sima) e
l’Associazione no-profit Laboratorio Adolescenza hanno realizzato
un’indagine conoscitiva su un campione nazionale di quasi 2.000 studenti
di terza media; indagine che sarà presentata a Pisa, il prossimo 25
novembre, nell’ambito del Congresso nazionale della Sima.
Un dato
che emerge è la crescita (rispetto a una analoga indagine del 2012)
della tendenza a frequentare gruppi numerosi di coetanei piuttosto che
un solo amico o gruppetti ristretti di due o tre e - verosimile
conseguenza di questo atteggiamento - cresce anche la percentuale di chi
dichiara di fare (spesso o occasionalmente) cose che non vorrebbe, per
adeguarsi alle decisioni del gruppo. D’altra parte i “gruppi” sono
generalmente gestiti da leader, mentre la maggioranza degli intervistati
si considera uno/una che si adegua a quello che fanno gli altri. In
questo scenario circa il 50 % dei ragazzi afferma di tenere, quando è
con gli amici, comportamenti che possono risultare rischiosi e se, tra
questi, il 36 % dice di farlo perché attratto dal rischio, quasi uno su
sei dichiara di comportarsi in questo modo per avere maggiore credito
all’interno del gruppo o attrarre su di sé l’attenzione.
Circa le
preferenze di genere, la metà del campione dichiara - indipendentemente
dal sesso - di avere un numero simile di amici maschi e femmine. Solo il
4% dei ragazzi e il 10% delle ragazze ha più amici di sesso opposto.
Sul
fronte della socialità in rete, aumenta la frequentazione dei social
network e questa fortissima esposizione in rete trascina inevitabilmente
con sé fenomeni di cyberbullismo. Un elemento sul quale c’è molto da
riflettere, come spiega Piernicola Garofalo, presidente della Società
italiana di medicina dell’adolescenza, è il collegamento tra i
comportamenti riguardanti la socialità reale e quella virtuale. «I
ragazzi e le ragazze che mostrano di avere maggiori difficoltà a
inserirsi all’interno del gruppo — sottolinea Garofalo — non solo usano i
social network in modo più massiccio degli altri - atteggiamento
teoricamente comprensibile, perché cercano alternative in una socialità
“altra” - ma sono anche quelli più esposti ai rischi come il
cyberbullismo (30,6% contro 17,1%). In pratica, il rifugio nella
socialità in rete si trasforma in una trappola ed in una nuova fonte di
disagio.
«Socialità in rete — puntualizza Garofalo — che, come
vedremo dai risultati dell’indagine che presenteremo a Pisa, è spesso
caratterizzata da scarsa prudenza».
A questo proposito è
interessante osservare che le difficoltà a relazionarsi con i pari
evocate dal presidente della Sima (sentirsi spesso a disagio, fare
costantemente confronti con gli altri, essere spesso condizionati dal
gruppo, sentirsi traditi dagli amici) appaiono in crescita rispetto ai
dati del 2012 e sono particolarmente presenti tra i ragazzi e le ragazze
che vivono nelle grandi città. «Il gruppo dei pari — commenta Carlo
Buzzi, ordinario di sociologia all’Università di Trento e referente per
l’area sociologica di Laboratorio Adolescenza — sta perdendo la sua
preziosa connotazione di “porto sicuro” e diventa a per gli adolescenti,
un “luogo” competitivo nel quale ci si deve confrontare e difendere. È
lo specchio di una società sempre più competitiva, in cui anche le
relazioni amicali risentono del mutato clima general. E se il fenomeno è
più evidente tra i ragazzi “metropolitani” – sottolinea Buzzi –
dobbiamo purtroppo attenderci una sua diffusione, perché i comportamenti
e gli atteggiamenti degli adolescenti che vivono nelle grandi città
sono solitamente precursori delle tendenze emergenti».