martedì 8 novembre 2016

Corriere 8.11.16
Ma chiunque vinca, non risolleverà l’immagine Usa
di Ian Bremmer

Siamo finalmente al traguardo di quest’avventura distopica che chiamiamo elezioni presidenziali americane. Chi verrà scelto stasera dal popolo degli Stati Uniti sarà comunque il leader col mandato più debole tra quelli che sono arrivati alla Casa Bianca nel dopoguerra. All’interno perché, dopo una campagna così brutale e piena di veleni, un’ampia minoranza di americani crederà, comunque vadano le cose, che i risultati del voto non sono attendibili. Saranno in molti a sostenere, con varie argomentazioni, che il vincitore non abbia, comunque, la legittimazione necessaria per governare gli Stati Uniti. La nuova Amministrazione dovrà, poi, vedersela con un Congresso che resterà diviso e polarizzato. Con i repubblicani che, nonostante la lettera di James Comey, che ha scagionato in extremis Hillary Clinton, saranno comunque tentati fin dal primo giorno di riaprire indagini e audizioni sull’«Emailgate», se sarà lei a diventare presidente.
Sul piano internazionale, poi, si rafforzerà sempre più la prospettiva di quello che io chiamo il «mondo G zero»: quello nel quale, venuta meno l’egemonia politica dell’America e il suo ruolo di gendarme del mondo, si impone uno scenario multipolare dominato dall’emergere di potenze regionali spesso in conflitto tra loro, senza più una leadership globale come quella un tempo incarnata dal G7 o quella che ci si aspettava potesse essere interpretata dal G20.
La speranza di molti era che gli Stati Uniti potessero tornare, dopo un periodo di eclisse, a interpretare quel ruolo. Ma l’America, tuttora l’unica potenza globale del pianeta, ha prodotto danni strutturali (e quindi difficilmente riparabili) al suo ruolo di garante dell’ordine internazionale in due occasioni. La prima 15 anni fa, quando ha reagito in modo eccessivo agli attacchi di Al Qaeda l’11 settembre 2001: le guerre infinite, costosissime e fallimentari in Iraq e Afghanistan. La seconda adesso, con questa campagna elettorale devastante e infinita. Che ha spinto verso il traguardo due candidati col più basso livello di gradimento da quando vengono svolti sondaggi sugli aspiranti alla Casa Bianca. Difficile che uno di questi due possa essere il leader capace di ridare fiducia alla nazione e di ripristinare la credibilità perduta dagli Stati Uniti nel mondo.