lunedì 7 novembre 2016

Corriere 7.11.16
Quel fattore A che sfugge ai sondaggi: gli astensionisti
di Ian Bremmer

Alla vigilia del voto i sondaggi, dopo aver attribuito a Donald Trump uno straordinario recupero, ora segnalano, in prevalenza, una Hillary Clinton che allungherebbe di nuovo. Il dato vero di questa stagione elettorale, però, non è tanto l’altalena delle rilevazioni, quanto la loro inattendibilità. Il primo problema è che istituti demoscopici e «media» continuano a sfornare soprattutto sondaggi nazionali, che saranno pure utili per avere un’idea degli umori del Paese, ma non hanno nulla a che vedere con i risultati del voto negli Stati-chiave che deciderà, domani sera, l’esito della corsa per la Casa Bianca.
Quelli che contano sono i sondaggi negli Stati in bilico: è da queste regioni che dipende l’esito della contesa elettorale. Ma qui di polls davvero affidabili ce ne sono assai pochi, se escludiamo qualche grosso Stato che è stato perlustrato con una certa attenzione, come la Florida. Ma anche dove è stato fatto un lavoro abbastanza capillare, la metodologia spesso lascia a desiderare: sondaggi telefonici basati sugli apparecchi fissi, elettori interrogati via Internet. Il candidato repubblicano a volte si affida a sondaggi «write-in» nei quali una persona può anche votare più di una volta.
Andrebbero creati seri aggregatori di dati ritenuti attendibili, divisi Stato per Stato, ma nessuno pensa a costruire strumenti di questo tipo. Con il risultato che si naviga a vista: i dati che vengono forniti loro, raramente aiutano davvero le campagne dei due candidati a capire cosa si sta muovendo nell’elettorato, come si può correre ai ripari. Il timore di un ridotto afflusso di afroamericani alle urne, ad esempio, Hillary Clinton ce l’ha per i dati del voto anticipato degli «absentee ballot», quel venti per cento di americani che si è già espresso, non per effetto dei sondaggi. Sondaggi che, oltre ad essere mal fatti, contano meno del solito in una tornata elettorale in cui, con due candidati così impopolari come Donald Trump e Hillary Clinton, avrà un grande peso il numero degli elettori che all’ultimo momento decideranno di non andare ai seggi. Quello delle astensioni è un fattore che nessun sondaggio, normalmente basato sui cittadini iscritti nelle liste elettorali o su quelli che, intervistati, dichiarano genericamente di avere intenzione di votare, è in grado di misurare.