Corriere 7.11.16
Farinetti: attento a non fare il primo della classe
«Bisogna tornare simpatici, Matteo deve ammettere i suoi dubbi e le sue paure»
intervista di M. Gu.
Firenze «Matteo? Dovrebbe essere più se stesso».
Più se stesso di così, Oscar Farinetti?
«Sì, dovrebbe ammettere di avere dei dubbi e riconoscere pubblicamente le sue paure».
La paura di perdere il referendum e quindi il governo?
«Sì
— è il consiglio del patron di Eataly —. Io, da imprenditore, ho una
paura immensa di perdere il 4 dicembre e buttare via due anni di lavoro.
L’ho detto a Matteo, dobbiamo tornare a essere simpatici. Per vincere è
fondamentale».
Renzi è antipatico?
«È stato provato che,
dopo due anni a Palazzo Chigi, si tende a diventarlo. Le persone che ci
stanno simpatiche sono quelle che rivelano i propri sentimenti e quindi
penso che il leader del Pd dovrebbe metterci molta più leggerezza».
Come dovrebbe cambiare la campagna del premier?
«Ci
vogliono simpatia e argomenti vincenti. Bisogna dire “Noi stiamo
provando a cambiare le cose”, senza timore di far vedere agli italiani
che siamo esseri imperfetti».
La nuova visibilità della moglie Agnese rientra nell’operazione simpatia?
«Non
sono iscritto al Pd, non frequento l’entourage e non commento gli
effetti speciali. Ma da amico personale posso dire che il rapporto con
la moglie è amore vero. Matteo e Agnese hanno una famiglia stupenda e
nel farsi vedere assieme non c’è niente di plateale, è tutto molto
naturale».
Come interpreta la scelta di Renzi di cedere il microfono della Leopolda al «bello» del Pd Matteo Richetti?
«Sono
un grande ammiratore di Richetti. Servono voci interne diverse, anche
critiche. Sono così contento di Cuperlo, mi piace da pazzi... E sarei
arcicontento di riportare dentro anche Bersani».
Il leader dovrebbe essere più simpatico anche con la minoranza? Il Pd è sull’orlo della scissione.
«Io
gli consiglio di non cadere nella sindrome del primo della classe,
perché a volte risulta antipatico anche quando dice cose vere. Sia più
se stesso, riveli di non avere poi tutte queste certezze e di essere
pieno di dubbi. Tutti abbiamo limiti caratteriali, sapesse quanti ne ho
io...».
Se invece perde?
«Il Sì può vincere. Se invece perde
non sarà né il Medioevo né la fine del mondo. Renzi si dimette e si
riparte, quante volte è capitato? Sono 1.700 anni che siamo in crisi, a
cambiare l’Italia ci proveranno altri».
Non era renziano, lei?
«Sono
un grande tifoso dell’Italia, mica di Renzi. Lui ha un minimo di
carisma ed è quello più in grado di far ripartire il Paese, ma non sono
un pasdaran. A me interessa che l’Italia non si fermi, all’idea che
rischiamo di tornare indietro mi giran le balle!».