sabato 5 novembre 2016

Corriere 5.11.16
Il concetto di sovranità nell’Europa dell’est e dell’ovest
risponde Sergio Romano

Sarebbe auspicabile che lei chiarisse ai suoi lettori il concetto che attribuisce all’Occidente la ripresa della Guerra fredda con la Russia. Perché esiste una diffidenza reciproca? E perché il fatto che Paesi ex comunisti stano stati ammessi nella Nato è un segnale di permanente ostilità nei confronti della Russia? Ma non viene detto che la Nato ha una funzione diversa da quella che aveva ai tempi dell’Urss?
Antonio Fadda

Caro Fadda,
Occorre partire dalla constatazione che esiste una fondamentale differenza tra i vecchi membri della Unione Europea (i fondatori e quelli entrati nella organizzazione prima della fine della Guerra fredda) e gli altri, ammessi dopo la disintegrazione del blocco sovietico. I primi (con qualche eccezione, fra cui la Gran Bretagna) erano generalmente consapevoli della diminuzione del loro status in un mondo dominato da potenze continentali. Sapevano che i loro nazionalismi, nei decenni precedenti, avevano fatto un pessimo uso della sovranità nazionale e credevano che soltanto una Europa unita sarebbe stata in grado di proteggere i loro interessi e soddisfare le loro esigenze. Lavorarono contemporaneamente alla loro ricostruzione nell’ambito del Piano Marshall e si dimostrarono disposti, anche se con maggiore o minore entusiasmo, a scambiare la loro individuale sovranità per una sovranità collettiva.
Gli Stati dell’Europa centro-orientale, invece, avevano vissuto una diversa esperienza. Erano stati occupati dall’Armata rossa ed erano stati governati da partiti appartenenti all’Internazionale comunista, quindi fortemente affiliati all’Unione Sovietica. Alcuni di essi (Polonia, Ungheria, Cecoslovacchia, persino la Repubblica democratica tedesca) avevano cercato di liberarsi da questa sudditanza; ma tutte le loro rivolte erano fallite. In questi Paesi la fine della Guerra fredda fu festeggiata come un ritorno alla sovranità. Mentre noi eravamo pronti a sacrificare quote crescenti di sovranità nazionale, i nostri cugini dell’Europa centro-orientale credevano di averla riconquistata. Ho scritto «credevano» perché la loro ritrovata sovranità, se messa alla prova, si sarebbe dimostrata incapace di garantire prosperità economica e sicurezza militare. Cercarono di ovviare alla prima necessità diventando membri della Unione Europea e alla seconda aderendo alla Nato. Il risultato, per l’Ue, fu l’ingresso nella Unione di Paesi che non intendevano rinunciare alla propria sovranità per un obiettivo comune e che dipendevano dalla Nato (vale a dire dagli Stati Uniti) per la loro sicurezza.
Alla sua ultima domanda, caro Fadda, rispondo che la Nato è un’alleanza alquanto diversa da quelle del passato. Ha un comandante supremo, un quartiere generale, basi militari (e quindi truppe) dislocate sul suo territorio e uno stato maggiore continuamente impegnato a studiare ipotesi di conflitto e a preparare piani di guerra. Se questa alleanza si muove verso est, raggiunge i confini della vecchia Unione Sovietica e li supera (come nel caso delle Repubbliche Baltiche), è inevitabile che l’avanzata di una tale organizzazione sia percepita dalla Russia come una mossa potenzialmente ostile. Se poi gli Stati Uniti decidono di installare missili di media gittata in Polonia e in Romania, non è difficile immaginare quale sarà la risposta di Putin e dei suoi consiglieri militari.