sabato 5 novembre 2016

Corriere 5.11.16
Arresti in Turchia. L’Europa accusa: democrazia ferita
Il pugno di Erdogan sgomina l’opposizione
Germania e Paesi scandinavi richiamano gli ambasciatori
di Monica Ricci Sargentini

Altro giro di vite contro la democrazia in Turchia: arrestati dodici componenti del partito Hdp, pro curdo. Tra di loro anche i leader del movimento, Demirtas e Yüksekdag. Militanti dell’Hdp che hanno tentato l’assalto alla stazione di polizia di Diyarbakır (nella foto l’arresto di una manifestante) . L’Unione Europea parla di «democrazia compromessa» e di «segnale spaventoso». Preoccupazione viene espressa anche dal ministro degli Esteri, Paolo Gentiloni.
I blitz sono scattati nella notte in cinque province del Sudest. Dodici deputati dell’Hdp, il partito filocurdo che è la terza forza del Paese, sono stati arrestati giovedì notte in Turchia. Presi alla sprovvista nelle loro case. Tra loro ci sono i due leader Selahattin Demirtas, soprannominato da alcuni l’Obama curdo per il suo carisma, e Figen Yüksekdag, da sempre impegnata nella tutela dei diritti delle donne.
È un colpo al cuore per il partito che, alle elezioni del giugno del 2015, era riuscito per la prima volta a superare lo sbarramento del 10 per cento e ottenere 81 deputati (ridotti poi a 59 nelle elezioni di novembre 2015). I vertici dell’Hdp sono in gran parte dietro le sbarre. Nomi simbolo come quello di Sirri Surreya Onder, tra i primi a mettersi in piedi davanti alle ruspe che stavano per abbattere gli alberi di Gezi Park nel maggio del 2013; o come Selma Irmak che quando è stata eletta come indipendente nel 2011 non poté occupare il seggio in Parlamento fino al 2014 perché era in prigione; o ancora Idris Baluken, il capo del gruppo parlamentare, da sempre un punto di riferimento per gli eletti.
I deputati sono tutti accusati di non essersi presentati spontaneamente ai magistrati nell’ambito di un’indagine sulla propaganda terroristica a favore del Pkk, il gruppo militante curdo considerato un’organizzazione terrorista da Usa, Ue e Turchia. E proprio il Pkk era stato indicato come il responsabile dell’autobomba che, ieri, a Diyarbakır, ha provocato otto morti. Ma in serata è arrivata la rivendicazione dell’Isis.
I blitz delle forze dell’ordine contro i leader curdi sono stati anche violenti. Leyla Birlik è stata presa nella casa di un altro parlamentare Mehmet Ali Aslan: «Sono entrati — ha raccontato lui ai giornalisti — e l’hanno portata via con la forza impedendoci di accompagnarla». I segnali di un giro di vite sui parlamentari dell’Hdp c’erano sin dallo scorso maggio quando il Parlamento aveva approvato una legge che toglieva l’immunità parlamentare a chi era accusato di reati connessi al terrorismo. I deputati si sentivano controllati. Il 2 novembre a Ferhat Encü, uno degli arrestati, era stato sequestrato il passaporto mentre stava per prendere un volo per Bruxelles.
Dal carcere, Demirtas ha promesso: «Continueremo la nostra lotta». Ma la carriera politica di questo ex ragazzo prodigio, 42 anni, avvocato, fondatore di Amnesty international a Diyarbakır, sembra volgere al tramonto. Lui che era riuscito nell’impresa di portare i curdi fuori dal loro isolamento nazionalista e attirare i voti dei laici, si è poi trovato stretto tra due fuochi: il Pkk e il governo.
Sconcerto nella Ue e nel resto del mondo occidentale. L’Alta commissaria per la politica estera Federica Mogherini ha detto che l’arresto dei deputati curdi «compromette la democrazia parlamentare in Turchia». Ma Ankara ha risposto secca: «Non accettiamo lezioni sullo Stato di diritto dalla Ue».