giovedì 3 novembre 2016

Corriere 3.11.16
Il «miracolo» di Francesco in Venezuela: prove di dialogo (con insulti)
di Sara Gandolfi

«Il miracolo di Francesco», lo definisce il viceministro degli Esteri italiano, Mario Giro. E dovrà avvenire davvero un mezzo miracolo affinché i due fronti che oggi infiammano Caracas trovino il compromesso per uscire dall’abisso della crisi economica, politica e sociale. Ricco di greggio e povero di beni essenziali, il Venezuela si affida al Pontefice latino-americano (come hanno già fatto Cuba e la Colombia), che si è esposto in prima persona incontrando il presidente-padrone Nicolás Maduro e ponendo sotto la sua ala la contestata mediazione dell’ex premier spagnolo José Zapatero, di fatto mai decollata. Domenica scorsa, sotto la benevola supervisione dell’inviato vaticano, monsignor Claudio Maria Celli, c’è stata una prima, simbolica, stretta di mano fra Maduro e Jesus Torrealba, segretario della Mesa de la Unidad Democratica, che riunisce l’opposizione. Quindi su esplicita richiesta del Papa — e con l’approvazione di Washington, che ha subito inviato il sottosegretario di Stato Tom Shannon —, la Mud ha sospeso il «processo politico» avviato in Parlamento, dove detiene la maggioranza, e posposto la «marcia» sul Palazzo presidenziale, prevista per oggi. Il governo ha invece liberato quattro oppositori, che restano però in attesa di giudizio. «La situazione è molto forte, è molto dura, difficile — ha ammesso dai microfoni di Radio Vaticana monsignor Celli —. Il ruolo che gioca la figura del Pontefice in questo contesto è fondamentale». Una mediazione dietro cui è evidente l’opera del cardinale Parolin, segretario di Stato vaticano ed ex nunzio a Caracas. Ma il «miracolo» resta di Francesco. La conferma arriva dall’ala più intransigente dell’opposizione venezuelana, il partito Voluntad Popular, che conta 10 esponenti in carcere, tra cui il carismatico leader Leopoldo López, quattro in esilio e due in clandestinità. «L’unica cosa che ci dà fiducia è la presenza del Papa — dice Carlos Vecchio, numero due del partito —. Anche se le ultime dichiarazioni di Maduro, che ci ha definito “ terroristi” e “fuorilegge”, confermano che a lui non interessa il dialogo, che non vuole abbassare i toni come chiesto dalla Santa Sede. E non basta la scarcerazione di quattro persone in un Paese che conta oltre 100 prigionieri politici». Per Voluntad Popular le condizioni per un «dialogo serio, sincero e costruttivo» sono il via libera al referendum per la revoca del mandato presidenziale e la liberazione di tutti i prigionieri politici.
Muro contro muro, eppure qualche crepa s’intravede. Intanto, è stata fissata la data del secondo incontro, l’11 novembre. Per il vice-ministro Giro è già un successo: «Con tutta la sua autorevolezza, il Papa ha ottenuto l’apertura di quattro tavoli di lavoro — dice —. Un intervento fondamentale, più forte dei “falchi”: entrambe le parti stanno perdendo il controllo dei propri sostenitori, si rischia una situazione di caos e anarchia in cui possono inserirsi forze oscure, la criminalità, il narcotraffico. Ora si è aperto uno spazio di dialogo e bisogna sfruttarlo al massimo. L’Italia è pronta a fare la sua parte se serve; laggiù ci sono 150 mila connazionali».