Corriere 30.11.16
Il mestiere di genitore
Educarli e accettarli, ecco come è cambiato il rapporto con i figli
Un saggio che indaga le nostre famiglie
di Massimo Ammaniti
Cosa
significa «fare» i genitori oggi che le famiglie si sono ristrette e
che, nella maggior parte dei casi, si diventa padri e madri oltre i
trent’anni? Se lo sono chiesti il neuro-psichiatra infantile Massimo
Ammaniti e l’editorialista del Corriere Paolo Conti, che in «Il mestiere
più difficile del mondo (genitori)» ripercorrono il rapporto complesso
che si crea con gli adulti in un contesto nel quale sfumano i confini
generazionali. A partire dall’unica risposta certa: non si può
pretendere che i figli siano come vorremmo, né evitare loro gli errori
necessari per crescere. Il libro è edito dal Corriere della Sera e in
questa pagina ne pubblichiamo l’introduzione. Sarà in edicola con il
quotidiano da oggi per due mesi, al prezzo di 7,90 euro.
Fare
il genitore è senz’altro complicato. Lo stesso Freud, in uno scritto
del 1937, lo riteneva un mestiere impossibile, perché i risultati
dell’educazione sono imprevedibili e i figli possono prendere strade
inaspettate. Può succedere che un bambino proveniente da un ambiente
colto e ricco di risorse prenda una direzione profondamente diversa,
come capita alle piante che crescono in una serra. Ma può anche avvenire
che il figlio di una famiglia senza molte risorse culturali ed
educative raggiunga grandi risultati. Quando si ha un bambino non si può
ipotecare il suo futuro, come scriveva lo stesso Freud, e forse proprio
per questo è difficile fare il genitore, perché non si riesce a
determinare il futuro dei figli. Oppure è un lavoro impossibile perché i
genitori, inconsapevolmente, vorrebbero figli uguali a loro stessi, una
specie di prolungamento narcisistico, ma alla fine sono costretti a
riconoscerne l’individualità.
È un mestiere molto difficile perché
non ci si può sostituire ai figli, né pretendere di costruirli come
vorremmo, e non possiamo neppure spianare loro la strada perché evitino
di commettere i nostri errori. Occorre accettare anche i propri limiti
di genitori e non sempre è facile.
Questo non vuol dire che non ci
si debba occupare dell’educazione dei figli. Il compito dei genitori è
estremamente importante perché devono preparare il terreno in cui i
figli cresceranno e poi li devono curare e amare, favorendone attitudini
e potenzialità, come scrisse lo psicoanalista inglese Donald Winnicott,
sostenendo «il gesto spontaneo» del bambino, aiutandolo a riconoscere
il proprio sé. E se i figli prendono una strada diversa da quella che si
attendono i genitori, continueranno a mantenere il suggello di quello
che gli è stato trasmesso, proprio come nella parabola del figliol
prodigo. E questa molteplicità di percorsi apre un ventaglio di
possibilità non solo nel campo dell’apprendimento dei bambini, ma anche
dal punto di vista evoluzionistico. La varietà nei comportamenti dei
bambini ne favorisce infatti l’adattamento, in un mondo in rapido
cambiamento, mentre i modelli più conformistici hanno una flessibilità
limitata.
Con Paolo Conti, il coautore del libro del Corriere «Il
mestiere più difficile del mondo (Genitori)», abbiamo cercato di capire
come sono cambiate negli ultimi anni le famiglie, che hanno assunto
configurazioni molto diverse, da quelle più tradizionali a quelle con un
unico genitore, oppure con genitori dello stesso sesso. Sono tramontati
i nuclei del passato con sei, sette, addirittura otto figli, quasi un
piccolo reggimento guidato da una madre e da un padre.
Le famiglie
si sono ristrette, i figli che nascono sono pochi, quando ci sono, uno o
due al massimo. Ma anche i genitori sono cambiati: i padri sono oggi
più capaci di prendersi cura della prole fin da subito e addirittura
seguono la gravidanza della compagna partecipando ai corsi, alle
ecografie. Anche le madri sono cambiate, circa la metà di loro lavora e
deve cercare di trovare un non facile compromesso fra carriera e impegni
familiari.
E i bambini? Si trovano a vivere in una realtà diversa
rispetto al passato, immersi fin dai primi giorni nella vita dei
genitori, che li portano assieme a loro in pizzeria o sul motorino. È
inevitabile che i confini fra le generazioni tendano a sfumare, si è
tutti sulla stessa barca, per cui è più difficile staccarsi quando i
figli raggiungono l’adolescenza.
Nel libro cerchiamo di avere una
doppia ottica, affrontando da una parte il mondo dei genitori,
soffermandoci su come costruiscono le relazioni con i figli, e
dall’altra individuando quali sono i bisogni, le acquisizioni, le
peculiarità dei bambini nelle varie fasi dello sviluppo. Abbiamo
preferito utilizzare la parola «bambino» per evitare inutili
ripetizioni, ma intendiamo con questo termine sia i bambini sia le
bambine. Nei differenti capitoli ne prendiamo in considerazione le
capacità e le competenze, dalle capacità intersoggettive
all’attaccamento e alla regolazione affettiva.
Concludiamo il
nostro libro ampliando la nostra visione ai diritti dei bambini e agli
impegni che la comunità dovrebbe assumersi per sostenerne la crescita e
lo sviluppo sociale. Soprattutto i primi mille giorni di vita, quelli
che vanno dalla gravidanza al secondo anno, sono fondamentali per la
costruzione della personalità e gli investimenti sociali, in questa
fase, hanno una ricaduta positiva anche in termini economici.