Corriere 29.11.16
«Una truffa sulla blindatura dei mezzi in Afghanistan»
Il giallo del capitano suicida
di Fulvio Fiano
Sei ufficiali indagati nell’inchiesta partita dalla morte di Callegaro
che al papà per telefono disse: «Pagano 2.000 quello che costa 200»
ROMA
I mezzi su cui hanno viaggiato dal 2009 al 2014 ministri, ambasciatori,
politici in visita alla missione militare italiana in Afghanistan hanno
esposto a rischi ulteriori (non bastassero quelli di una zona di guerra
così colpita da attentati) tutte queste personalità e i militari che li
accompagnavano. La blindatura dei veicoli era infatti più leggera di
quella prevista, secondo quanto ha accertato la Procura militare di Roma
in una inchiesta che vede indagati per truffa aggravata e peculato
quattro ufficiali dell’esercito e due dell’aeronautica responsabili dei
contratti di noleggio. Un quadro «sconcertante» di «reiterata
contrattazione con una ditta afgana» lo definiscono il procuratore Marco
De Paolis e il sostituto Antonella Masala nell’avviso di chiusura
indagini. E il fornitore locale, favorito con costi gonfiati, pur
cambiando nome nel corso degli anni, faceva sempre capo a un individuo
vicino ad ambienti terroristici.
La dimensione dell’inchiesta è
data dai quattro container di faldoni partiti da Herat verso Roma con
migliaia di documenti contabili e amministrativi. Ventotto i veicoli
sequestrati (tre destinati all’ufficiale italiano più alto in grado in
Afghanistan, ma non si parla dei Lince dell’esercito, per intenderci)
con un danno economico che arriverebbe a sfiorare il milione di euro. E
dietro tutto questo l’ombra della morte del capitano Marco Callegaro da
cui sono partite le indagini. Gli inquirenti, pur mantenendo per questa
parte del fascicolo il generico modello 45, hanno cercato elementi per
contestare l’omicidio (il codice non prevede l’istigazione al suicidio),
senza peraltro arrivare a prove conclusive. Ma se anche non c’è reato è
verosimile parlare di «enormi pressioni che a lungo andare hanno
stremato» il 37enne originario di Gavello, Rovigo, ma residente a
Bologna, sposato e padre di due figli. Lui stesso ne aveva fatto cenno
in email e messaggi ai suoi familiari (anche questi finiti agli atti).
Fino alla morte con un colpo di arma da fuoco la notte tra il 24 e il 25
luglio 2010, da subito considerata un suicidio. «Venne trovato ucciso,
finalmente si sono espressi con i giusti termini!!!!», scrive ora su
Facebook la vedova Beatrice Ciaramella. Che cosa aveva visto di così
inconfessabile il capitano Callegaro, capo cellula amministrativa del
comando Italfor a Kabul?
Attorno alla fornitura dei mezzi blindati
la Procura militare ha ricostruito un vasto sistema di coperture e
omissioni che accompagnavano tutti i passaggi dell’acquisto, dai
contratti alle verifiche tecniche per la messa in strada secondo
standard di presunta sicurezza. Centinaia di militari, anche dei più
alti livelli, sono stati sentiti dai carabinieri dell’ufficio di polizia
giudiziaria sia in Italia che in Afghanistan. Taroccata era la
consistenza della blindatura, taroccati il prezzo e la designazione dei
membri delle commissioni di collaudo, dove venivano insediate persone
prive di competenza tecnica e la documentazione messa a loro
disposizione era largamente incompleta.
«Di mio figlio ricordo
tutto, ma soprattutto quella inquietante telefonata di marzo in cui mi
disse “papà, questi pagano duemila quello che costa duecento, io non li
pago”», racconta al telefono Marino Callegaro. «Da quel giorno non sono
mai più stato contento. Mamma mia, pensai, in che cosa si è messo. A mio
figlio dissi: non metterti tutti contro, se gli altri hanno firmato le
spese, firma anche tu. Ma lui mi disse “no, sono fedele al giuramento
dato”. Nomi e dettagli non me ne ha mai voluti dare per rispettare il
segreto militare, ma vorrei davvero che i colpevoli vengano fuori».
I
veicoli sono stati ritirati appena è emersa la blindatura fasulla,
fanno sapere fonti della Difesa, che ha avviato anche un’inchiesta
amministrativa. Se il gip a febbraio dovesse rinviarli a processo, sarà
valutata la sospensione dei sei ufficiali.