Corriere 29.11.16
Migranti e tecnologia la sinistra è cieca
di Marco Cianca
Il
comunismo è nell’elenco delle tragedie. La socialdemocrazia assomiglia a
un vecchio nonno, imbelle e con la lunga barba bianca. La terza via,
quella di Tony Blair e Bill Clinton, in un’eterogenesi dei fini, ha
portato alla Brexit e all’elezione di Trump. La pattumiera della storia è
piena di furori rivoluzionari, infantili idee di rivolta, sorpassati
programmi di armoniosa convivenza civile, arroganti progetti di riforma
sociale. La Sinistra, vecchia e nuova, vacilla. È identificata con le
élite, l’establishment, i ricchi, il potere, le banche, la burocrazia,
la casta. E la Destra, vecchia e nuova, in un capovolgimento di fronti e
di simboli, raccoglie il grido di rabbia e di paura che sta assordando
il mondo. Il risultato delle elezioni negli Usa ha reso macroscopici,
com’è stato detto e scritto, l’incapace autoreferenzialità dei mezzi
d’informazione, il fallimento dei sondaggi, la crisi di rigetto nei
confronti dell’inane linguaggio buonista. Non si può mettere la parrucca
alla realtà. Quella che però manca è un’analisi impietosa delle ragioni
politiche, economiche ed esistenziali che stanno segnando il trionfo
del populismo, nella sua accezione di sfiducia totale nei confronti
delle attuali classi dirigenti, e la sconfitta del riformismo, in tutte
le sue declinazioni.
Eppure i segnali erano ben evidenti. Ma dopo
la caduta del muro di Berlino ci si è cullati nell’illusione che la
democrazia, il mercato, il consumismo, il liberismo, l’integrazione, la
globalizzazione avrebbero condotto l’umanità verso magnifiche sorti e
progressive, per dirla con Leopardi. Ma come ammoniva lo stesso poeta
citando i Vangeli, con ironico e profondo pessimismo, «gli uomini
vollero piuttosto le tenebre che la luce». Già, le cose sono andate a
ritroso. E concetti come razzismo, nazionalismo, protezionismo che
covavano sotto la cenere degli anni 30 hanno ripreso vigore e forza
d’attrazione. Quando Trump annuncia di voler cacciare tre milioni
d’immigrati più o meno delinquenti, suscita l’applauso appassionato di
chi si sente insicuro e aggredito. Persino i metodi spicci del
presidente filippino Rodrigo Duterte contro spacciatori, trafficanti e
criminali possono suscitare ammirazione. È la legge dell’ordine a tutti i
costi, l’irrefrenabile voglia di legalità che seppellisce ogni difesa
dei diritti individuali. Il neopresidente degli Stati Uniti nel suo
primo discorso si è anche rivolto ai veterani. Hitler e Mussolini
raccolsero il consenso dei reduci della Grande Guerra, derisi e umiliati
da feroci pacifisti senza rispetto e comprensione per chi è morto sui
campi di battaglia in difesa della Patria. Una subcultura che ancora
alligna qua e là. Quanti errori, quante nefandezze, quanta miopia. Trump
vuole dar voce ai forgotten men , i dimenticati. Ma è dimenticato un
boscaiolo del Wisconsin o un bimbo nero malato e denutrito? Un piccolo
commerciante dell’Idaho che ha più tasse che guadagni o un siriano la
cui unica scelta è tra la morte sotto le bombe o una fuga verso
l’ignoto? Un operaio che perde il lavoro in Michigan o un immigrato che
perde la vita nel Mediterraneo? Paragoni impossibili, paradossi
dell’emarginazione. Verrebbe da dire, parafrasando il filosofo di
Treviri: disperati di tutto il mondo, unitevi!
La sinistra è in
grado di raccogliere e dare sintesi a tutte queste voci? No, vivacchia,
attonita, cercando di gestire al meglio l’esistente. Senza memoria e
senza futuro. Persino il concetto di progresso è ormai identificato con
la destra, «erede dell’ambizioso impulso modernista a distruggere e
innovare in nome di un progetto universale» (Tony Judt, Guasto è il
mondo , Laterza).
Che fare? Si può solo ripartire dai
fondamentali. Quale il ruolo dello Stato? Quale il rapporto tra
proprietà privata e interesse pubblico? Quale la proporzione tra saggio
d’interesse e remunerazione del lavoro, tra profitti e redditi? Quale la
teoria sulla produzione delle merci e il loro valore in un’economia
dominata dalla finanza speculativa e dalla robotica? Quale differenza
tra capitani d’impresa e rentier? Quale il livello del Fisco? Quale il
concetto di patrimoniale? Come si combatte la disoccupazione,
considerato che non ci sono posti per tutti? Esistono ancora le classi
sociali o l’unica distinzione è tra ricchi e poveri, tra garantiti e
miserabili? Domande tante, risposte confuse e contraddittorie.
L’immigrazione, il terrorismo, l’Islam, la religione, la famiglia, la
scuola, la sanità. Coriandoli di pensieri che il vento dell’impietosa
quotidianità solleva e mischia. E poi la natura, l’arte, l’estetica.
Financo il concetto di alienazione andrebbe ridiscusso. Marx, Freud e
Marcuse non bastano per capire come mai in metropolitana nessuno alza
gli occhi dal proprio smartphone. Nella scala dell’evoluzione, dopo
l’homo sapiens è arrivato l’homo cellularis. È l’intera civiltà in
discussione. Una sfida immensa. Possibile che a raccoglierla siano
Donald Trump, Marine Le Pen o Beppe Grillo? Pessimismo della ragione,
ottimismo della volontà. Gramsci, se ci sei, batti un colpo .