Corriere 29.11.16
Fiom e Landini tornano in partita Il rischio del referendum sul Jobs act
La nuova fase delle relazioni industriali dopo la firma del contratto dei metalmeccanici
di Dario Di Vico
Con
la firma unitaria del contratto dei metalmeccanici la Fiom è rientrata
in partita. Il campo di gioco delle relazioni industriali si è come
allargato e la possibilità da parte del sindacato di rappresentare il
cambiamento nella seconda metà degli anni ‘10 si è accresciuta. Molto lo
si deve al nuovo indirizzo preso dal numero uno della Fiom, Maurizio
Landini anche se la sua svolta è stata propiziata dagli altri due leader
sindacali (Marco Bentivogli e Rocco Palombella) e soprattutto
dall’orientamento del presidente della Federmeccanica, Fabio Storchi,
che non ha mai preso in seria considerazione l’opzione di un nuovo
contratto separato. Landini in questi mesi ha abbandonato le velleità di
costruire un movimento politico, la cosiddetta Coalizione sociale
(«tanto ci pensa Papa Francesco» è stata la sua battuta per
sdrammatizzare il flop) e dopo essere stato pressoché accampato negli
studi televisivi si è imposto una ferrea dieta mediatica.
Secondo
gli osservatori Landini è maturato nella comprensione delle dinamiche
che attraversano l’industria tanto da arrivare a firmare un contratto
che ha ricevuto gli applausi di Pietro Ichino e Maurizio Sacconi, due
tradizionali bestie nere della Fiom. Così mentre storicamente i
metalmeccanici firmavano i contratti più a sinistra di tutti questa
volta hanno cambiato schema e scelto di fare i pionieri. «L’importante è
che oltre ai buoni risultati nel contratto non ci siano scambi impropri
e infatti non ce ne sono» ha detto il leader Fiom. Insomma ha prevalso
l’anima contrattualista di Landini, quella che l’aveva portato a
chiudere accordi difficili come Electrolux e Whirlpool ed è rimasta
sullo sfondo la sua vena ideologica.
Siccome però nella vita gli
esami non finiscono mai Landini si trova da subito a dover dare
continuità alla sua azione. A giugno con tutta probabilità lascerà la
Fiom per entrare in segreteria confederale della Cgil: non sarà facile
per lui individuare un successore (già si parla di transizione) né
candidarsi di botto ad avvicendare nel 2018 Susanna Camusso ma tutto
sommato per sciogliere questi nodi il tempo non manca. Il rebus
immediato per Landini è rappresentato dai tre referendum sul lavoro
(contro i voucher, per estendere l’articolo 18 e contro le norme sugli
appalti) per i quali la Cgil ha raccolto un milione di firme su spinta
iniziale proprio della Fiom, che si è intestata questa campagna. Una
battaglia che, quale sia il governo in carica dopo l’altro referendum,
quello costituzionale, si presenta quanto mai difficile e capace di
generare diversi effetti collaterali. Landini ha scelto di giocarla «per
dare un segnale al mondo dei lavori atipici» ma è quasi scontato che
aprirà una nuova ferita nell’unità sindacale con alcune organizzazioni
per il Sì e altre per il No, che amplierà il fossato tra iscritti al
sindacato e ceto medio produttivo e che, come corollario, rispingerà il
segretario della Fiom nelle vecchie trincee. Le firme della Cgil sono
all’esame della Consulta che dovrà decidere sull’ammissibilità, in caso
positivo - e senza elezioni anticipate - si potrebbe votare entro la
primavera inoltrata del 2017 .