martedì 29 novembre 2016

Corriere 29.11.16
Libri, fiere e festival: il gioco delle parti
La percentuale di lettori in Italia non si schioda dal 42%
di Paolo Di Stefano

Se ce lo assicura un grande esperto del mercato editoriale come Giuliano Vigini (nell’ultimo numero de «la Lettura»), la domanda è davvero legittima: perché, nonostante il moltiplicarsi di fiere e festival del libro, la percentuale di lettori in Italia non si schioda dal 42%? È questo il vero problema su cui probabilmente continuano a interrogarsi anche i battaglieri organizzatori delle innumerevoli kermesse culturali. Perché queste iniziative, ormai diffuse ad ogni stagione e in ogni angolo del Paese, non hanno alcuna conseguenza sulla lettura? E come si spiega allora il fatto che il giorno della chiusura, anno dopo anno, in fase di bilancio, gli editori non fanno che parlare di incrementi di vendite rispetto alle edizioni precedenti? E come si spiega l’afflusso sempre in crescendo? Probabilmente gli incrementi ci sono, ma non sono così rilevanti da incidere nelle macro statistiche. Ma soprattutto, a trent’anni dalla nascita del Salone e a vent’anni dall’esplosione dei festival, viene il dubbio che queste manifestazioni non riescano a stabilire alcun rapporto con il libro come oggetto del desiderio. O meglio: che bene o male la presenza degli autori esaurisca in sé la curiosità culturale del grande pubblico e anzi gli risparmi l’onere di comperare e la fatica di leggere. E c’è da supporre che chi compra un libro a Mantova o a Pordenone sia il solito lettore forte, che lo comprerebbe anche altrove.
Dunque? Dunque, la domanda di Vigini è sicuramente legittima. E allora non ci resta che immaginare che la trasmissione culturale passi — se passa — da altri canali che non prevedono la tradizionale lettura individuale dei libri ma, per esempio, il sentir parlare dei libri nel rito collettivo e nell’effervescenza dei saloni e dei festival. È un dato di fatto della grande mutazione antropologica, non un rimprovero né un rammarico. Su questo dovrebbero riflettere in primo luogo gli editori che, partecipando alla inesauribile girandola festosa e festivaliera, probabilmente ne raccolgono pochi frutti. Anzi, spesso rischiano di spendere più di quanto incassano. Con il vantaggio, certo, di offrire agli autori più celebrati l’occasione della loro meritata apoteosi (il bagno di folla) e ai meno noti un riscatto psicologico alla comprensibile frustrazione di non vendere comunque. Un utile gioco delle parti. Per questo le piazze sono piene e le librerie semivuote.