martedì 29 novembre 2016

Corriere 29.11.16
Le leggi elettorali Il bicameralismo italiano
risponde Sergio Romano

Le ragioni del Sì e del No al referendum costituzionale sono naturalmente innumerevoli. Ma lei immagini una forza politica (di quelle più popolari) che vince le elezioni, «incassa» il premio di maggioranza ottenendo la maggioranza assoluta alla Camera, manda in Parlamento un «drappello» di fedelissimi nominati dal partito ed è così in condizione di approvare praticamente qualunque legge nel giro di cinque-sei mesi: questo non è un pericolo, questa è la morte della democrazia!
Paolo Cigliola

Caro Cigliola,
Naturalmente lei si riferisce a una legge elettorale che viene popolarmente chiamata «Italicum» e che è stata per molto tempo un cavallo di battaglia del presidente del Consiglio. Ma le leggi elettorali non sono costituzionali e possono essere fatte o disfatte dal Parlamento con le stesse norme che regolano la formazione delle leggi ordinarie. Dopo avere constatato che questa legge elettorale, dapprima accolta calorosamente da molte forze politiche, suscita critiche e malumori, Renzi sembra disposto ad accantonarla. Non è l’«Italicum» quindi che dovrebbe condizionare la nostra approvazione o disapprovazione della riforma su cui voteremo il 4 dicembre.
Sempre in materia di leggi elettorali, tuttavia, esiste un problema che dovrebbe maggiormente preoccuparci. Come tutti i Paesi che hanno due Camere, anche l’Italia ricorre, per la elezione di ciascuna di esse, a un sistema elettorale diverso. È molto probabile quindi che la Camera e il Senato non abbiano la stessa maggioranza. Come ha ricordato Emilia Patta sul Sole 24 Ore del 22 novembre, questo «si è quasi sempre verificato dal ’94, quando Berlusconi vinse al Senato, ma non alla Camera, fino alle ultime Politiche del 2013 (quando il Pd di Bersani vinse alla Camera, ma non in Senato) passando per il ’96 (Prodi vittorioso al Senato, ma non autosufficiente alla Camera) e il 2006 (sempre Prodi in una situazione inversa, senza maggioranza in Senato)».
Nelle scorse settimane un commentatore straniero ha osservato che il bicameralismo paritario non ha rallentato il percorso legislativo italiano e non ha impedito una abbondante produzione di leggi. Il commento è stato trionfalmente raccolto dai fautori del No ed ha avuto una certa eco nella stampa nazionale. Ma il vero problema è quello, tutto italiano, di un sistema bicamerale in cui il presidente corre frequentemente il rischio di vedere boicottato dal Senato ciò che la Camera è disposta ad approvare. Questo può accadere nelle Repubbliche presidenziali, come gli Stati Uniti, dove il presidente dispone comunque di una larga gamma di poteri esecutivi. Ma è sinonimo di paralisi là dove il presidente del Consiglio dipende dalle Camere e può essere sfiduciato da ciascuna di esse.