Corriere 28.11.16
L’accanimento politico sul tema del Senato
di Pierluigi Battista
Ma
siamo proprio sicuri? E’ proprio vero quello che ci stiamo raccontando
in questa convulsa e forsennata campagna referendaria, e cioè che sono
decenni che parliamo della riforma del Senato, che si sono sfasciate
commissioni su commissioni per riformare il Senato, che tutto il
problema delle riforme istituzionali sia la correzione del bicameralismo
perfetto, che le sorti del Senato hanno assillato i nostri pensieri da
decenni? Dicono così, ma davvero è questa la storia che abbiamo vissuto?
La mia memoria, certamente fallace, me ne suggerisce un’altra, però.
Chi
ha seguito il travagliatissimo corso delle mai attuate e sempre
fallimentari riforme istituzionali potrebbe confermarlo: la questione
del Senato, certamente presente, non occupava di certo la cima
dell’agenda in discussione. C’era, ma non era il cuore del problema.
Perché il cuore era un altro, anzi erano due. Il primo era il tema della
forma di governo che, per ammissione dello stesso presidente del
Consiglio, è del tutto assente nella riforma costituzionale che andremo a
votare il 4 dicembre e che invece è stato il fulcro di quella proposta e
poi bocciata del centrodestra. Tutto un disquisire sul
«semipresidenzialismo alla francese», sul «premierato forte», sulla
«repubblica presidenziale bilanciata», una discussione interminabile sui
rapporti tra governo e Parlamento, ricordate? Ricordate discussioni di
analoga verbosità sul Senato? Il ruolo del Senato era un capitolo, ma
non quello principale. Il «perfetto» non era il bicameralismo, bensì il
bipartitismo, non è così? E qui si arriva al secondo cuore
dell’infruttuoso contorcimento politico attorno alle riforme
istituzionali. Cioè: la riforma elettorale. Legioni di politologi si
sono battuti come leoni per distillare la riforma elettorale perfetta e
appena se ne faceva una già si pensava a discutere su quella successiva.
Ci familiarizzammo con formule astruse come «lo scorporo», con accenni e
spruzzate «all’australiana», «alla spagnola», «alla francese ma con
correzione alla spagnola», o giù di lì, chi se ne ricorda più.
«Mattarellum», «porcellum», «preferenza unica», doppio turno o unico,
chi se ne ricorda più. Ma chi si ricorda di qualche formula magica
attorno alla battaglia per il ridimensionamento del Senato (e non
parliamo poi dei costi della politica, tema inesistente)? E tutta questa
paralisi sul Senato, chi l’ha vista esattamente nel dibattito pubblico?
Ma forse la memoria è fallace.