Corriere 25.11.16
Il «test» di Lotti al modello De Luca: Campania decisiva
di Marco Demarco
«I
l discorso di De Luca ai sindaci? Non l’ho sentito, giuro» dice Luca
Lotti. «Anche io, non ho avuto il tempo» dice Piero De Luca che almeno
accenna a un sorriso imbarazzato. Il sottosegretario plenipotenziario di
Renzi e il primogenito del governatore campano si congedano dai
giornalisti e vanno a sedersi dietro lo stesso tavolo. Davanti hanno
l’élite governante di Salerno: il presidente della camera di commercio e
quello dell’autorità portuale, i manager delle società partecipate e
gli assessori. C’è anche il sindaco Enzo Napoli, eletto con il 70% dei
voti, che però sarà degnato di un saluto dal palco solo a manifestazione
quasi finita, perché qui quelli che contano davvero sono i De Luca e
basta. La sala affrescata sulla centralissima via Roma è stracolma.
Sembra una manifestazione per il Sì al referendum come tante altre. E
invece non è così. Dopo aver avallato la candidatura di De Luca a
governatore, dopo averlo sostenuto nel partito contro i giovani turchi
di Orfini, il potente sottosegretario è venuto a testare di persona un
modello di comando.
In estate in Calabria, a settembre in Sicilia,
ora in Campania. Ovunque i sondaggi rimandano a scenari allarmanti per
il Sì, prima o poi arriva Luca Lotti. E se ora è a Salerno non è certo
perché qui il Sì può temere. Semmai, perché solo da qui, dove De Luca è
tutto, dove per un quarto di secolo è stato sindaco quattro volte, dove
assessore al bilancio è suo figlio Roberto («mio padre è in trance
agonistica», dice ed è l’unica allusione alle polemiche di questi
giorni) e dove l’altro figlio Piero è responsabile del comitato
referendario, può partire una possibile rimonta. A rischio è la regione
che Lotti vede come «decisiva». Non la città di Salerno che appare
invece nel suo massimo splendore. Lì la nuova stazione marittima, qui il
porto commerciale in rifacimento, più avanti il Crescent, il
monumentale complesso residenziale che esalta i modernisti e allarma gli
ambientalisti.
In questi giorni, Salerno è illuminata più e
meglio della Diomira di Calvino. È in corso «Luci d’artista», una
manifestazione con chilometri e chilometri di luminarie natalizie
generosamente finanziate dalla Regione: tre milioni, un record. E
affacciata sul mare c’è una ruota panoramica di oltre 300 tonnellate,
alta 55 metri, appena trasferita da Amsterdam per meglio celebrare il
trionfo di un ex sindaco diventato governatore e ora sotto i riflettori
per quel suo modo di esercitare il potere, di usare le parole come mazze
da baseball e di esaltare, se serve, il ricorso ai metodi clientelari.
«Montature
mediatiche», fa sapere da lontano l’interessato. Qui a Salerno ieri si è
fatto vivo solo a tarda sera. In questa città che porta con orgoglio i
segni inconfondibili di archistar come Hadid, Calatrava, Fuksas, Bofil,
Chipperfield vogliamo vedere, sembrano dire i De Luca, chi davvero può
mettere in discussione il principio secondo cui il fine giustifica i
mezzi. Dal palco Piero è esplicito: «Questa è la città più riformata e
riformista d’Italia, la più moderna». Gli dà man forte il vecchio
avvocato presidente dell’ordine che interviene dal pubblico: «Ai miei
tempi si diceva che la politica è far credere. Qui a Salerno la politica
è toccare». Il senso della manifestazione è questo. Vi piace Salerno?
Vi piace il modo in cui l’abbiamo governata senza inutili mediazioni?
Bene. Allora, votate sì alla riforma costituzionale, perché solo così
l’Italia potrà diventare come questa città. Luca Lotti e Vincenzo De
Luca si sono poi visti a cena in un ristorante del porto, lontano da
occhi indiscreti. Salerno sarà bellissima, si saranno detti, ma se in
Campania il sì non vince sono guai .