Corriere 24.11.16
Il no del Tribunale all’adozione incrociata
di Luigi Ferrarella
L’adozione
del figlio del partner nelle coppie dello stesso sesso non è
contemplata dal legislatore e non può allora essere il giudice a
introdurla con «la valutazione del caso concreto» all’insegna del
«supremo interesse del minore»: che è certo un criterio, ma non è
«l’unico parame-tro a cui il giudice debba relazionarsi», al punto che
anzi «esorbita dall’ambito consentito» una «interpretazione creativa»
che prescinda «dagli ulteriori presupposti previsti dalla legge» e così
«si traduca in un’implicita affermazione di irrilevanza dell’impianto
normativo». Con questo orientamento opposto a quello del Tribunale di
Roma del 2014 e della Cassazione di 5 mesi fa, il Tribunale per i
Minorenni di Milano rigetta la domanda «incrociata» di due donne
conviventi per adottare la figlia biologica l’una dell’altra, bimbe
fatte nascere nel progetto di coppia con fecondazione assistita. Roma e
la Cassazione avevano ampliato il caso particolare del non coniuga-to
ammesso all’adozione quando sia «constatata l’impossibilità di
affidamento preadottivo». Ma proprio questa estensione «è inammissibile»
per il presidente Mario Zevola e la relatrice Antonella Brambilla, ad
avviso dei quali la Corte di Strasburgo affer-ma sì l’importanza di non
discriminare le coppie conviventi e omosessuali, ma «non ha mai
stabilito che esista un diritto all’adozione convenzionalmente
tutelato», e «ha piuttosto ribadito che ciascun legislatore nazionale
può stabilire un determinato regime»: e quello italiano «prevede un più
ampio accesso ai coniugati rispetto ai conviventi o ai single», e «non è
stato modificato dalla recente legge Cirinnà».