Corriere 20.11.16
La Casa bianca in guerra, democratici e repubblicani
risponde Sergio Romano
Si
può paragonare il conservatorismo del repubblicano Barry Goldwater,
sconfitto dal democratico Lyndon Johnson nel 1964, a quello di Donald
Trump? C’è una differenza sostanziale fra i due? Sto parlando di epoche
diverse, d’accordo, ma il conservatore Goldwater fu sconfitto
pesantemente dal riformatore Johnson, che quattro anni dopo rinunciò a
ricandidarsi per la sua politica militare in Vietnam mentre The Donald
sembra un cabarettista.
Gino Melchiorre
Caro Melchiorre,
La
parola conservatore con cui definiamo spesso in Europa coloro che non
sono socialisti, socialdemocratici o cristiano sociali, non ha lo stesso
significato nel linguaggio degli Stati Uniti. Per gli americani sono
conservatori gli uomini politici che si battono per il ritorno ad alcuni
antichi valori della società americana: il coraggio dell’imprenditore,
la resistenza alle interferenze dello Stato nella sfera privata dei
cittadini, la sfida allo strapotere dei grandi gruppi industriali e
finanziari. Non sono liberali, nel senso europeo della parola, ma sono
certamente libertari, con una risoluzione e un piglio che non
appartengono alle consuetudini e allo stile della vecchia Europa.
Un
esempio interessante è quello di Theodor Roosevelt, repubblicano,
presidente degli Stati Uniti dal 1901 al 1909. Era repubblicano, ma fu
favorevole alle leggi contro i cartelli industriali, strumento preferito
degli imprenditori nella fase più dinamica e aggressiva del capitalismo
americano.
Le stesse considerazioni valgono per il senatore Barry
Goldwater, candidato alla Casa Bianca nelle elezioni presidenziali del
1964. Era fortemente critico del New Deal (il grande programma sociale
lanciato da Franklin D. Roosevelt contro la depressione provocata dalla
crisi del 1929), ma nel corso della sua carriera si dimostrò spesso
molto più progressista dei suoi avversari democratici. Fu uno dei primi
ambientalisti e sostenne che l’aborto era un problema di coscienza in
cui lo Stato non aveva il diritto di mettere bocca.
È certamente
vero che i repubblicani sono fautori di una politica estera robusta e
pronta, se necessario, a usare le armi. Ma alcune fra le maggiori guerre
americane furono decise da presidenti democratici: Woodrow Wilson
contro gli Imperi centrali nel 1916, e Lyndon Johnson contro il Vietnam
del Nord dopo l’incidente del Golfo del Tonkino nell’agosto del 1964.
Franklin D. Roosevelt reagì all’attacco giapponese contro Pearl Harbor
nel dicembre 1941, ma le misure economiche adottate dagli Stati Uniti
contro il Giappone nei mesi precedenti indicavano una evidente
disponibilità al conflitto.
Benché pronti a combattere, molti
presidenti repubblicani furono altrettanto pronti a evitare le guerre.
Theodor Roosevelt fu responsabile della guerra cubana del 1898, ma
negoziò la fine delle ostilità fra Russia e Giappone nel 1905 e fu
insignito del Premio Nobel per la pace nel 1906. Richard Nixon ereditò
da Johnson la guerra del Vietnam, ma fece un trionfale viaggio a Pechino
nel 1972 e stabilì rapporti diplomatici con la Cina comunista. Ronald
Reagan fu promotore di un programma per la guerra nello spazio, ma i
suoi incontri con Michail Gorbaciov dopo il 1985 misero fine alla Guerra
fredda. George W.H. Bush liberò il Kuwait dall’occupazione irachena nel
1991, ma evitò di proseguire la guerra contro Saddam Hussein sino alla
distruzione del regime. E Hillary Clinton, nella questione dei rapporti
con la Russia, è stata più bellicosa del suo avversario repubblicano.