domenica 20 novembre 2016

Corriere 20.11.16
Il verdetto (già scritto) dei social. Ma la Rete non è un seggio
di Massimo Sideri

I tweet non sono voti. Se lo fossero avremmo già il risultato del referendum: vince il No. Crisi nel governo Renzi: «Se perdo normale che vado a casa» aveva detto a maggio proprio sui social con #matteorisponde. Troppo facile: Twitter non è la pancia del Paese. E nemmeno Facebook. Ma la contabilità è questa: gli emoji ufficiali #iovotosì e #iovotono, lanciati su Twitter il 4 novembre, sono impietosi: 200 mila menzioni secondo i dati ottenuti dal Corriere con l’88% per il No e il 12% per il Sì. Effetto Trump? Forse. Vita dura per sondaggisti, notisti politici e influencer . Anche se questo non è un referendum tanto social: 200 mila menzioni nel turbinio delle condivisioni non sono 200 mila teste, sono noccioline. Per l’hashtag governativo, #bastaunsì, è andata peggio. Da maggio è stato citato 300 mila volte. Servirebbe poi una rete a strascico per il resto: #iodicosi o #perchesipercheno, teorico laboratorio sociale degli indecisi. O degli astensionisti. Andrebbe misurato l’ engagement , dicono gli esperti, la partecipazione. Ma dietro a questi indicatori c’erano già molti dubbi prima che Hillary Clinton perdesse la poltrona più importante del mondo. Per lasciare un segno ci vogliono i «big data» delle elezioni Usa dove si discute degli effetti delle notizie false su Facebook e Google che avrebbero avvantaggiato Trump. Ma qui in Italia siamo agli «extra small data». E pensare che dietro a bastaunsì il governo aveva messo anche una squadra speciale con tanto di account @bastaunsi che ha racimolato 9.355 follower. D’altra parte il @comitatono di Zagrebelsky è fermo a 6.077. Su Facebook, meno elitario con i suoi quasi 30 milioni di italiani, bastaunsi ha alimentato decine di fanpage locali: bastaunsi Lamezia Terme (83 like), Oltrarno Firenze (28), Treviglio (584). C’è anche un bastaunsi Francoforte (65 pollicioni). Che i social non fossero dei panel affidabili per dei sondaggi era già noto da tempo. C’è un’ampia letteratura sull’argomento: una condivisione non è come un diamante, per sempre. I follower sono ondivaghi. Gli influencer si occupano di altro: musica, sport e fede (non quella calcistica). Nella top ten ci sono Valentino Rossi (4,4 milioni di follower), Mario Balotelli (3,8), papa Francesco (3,7). Jovanotti, dato per il sì, non ha voluto tediare i suoi follower con post filo-renziani. Il fan è sacro. Ma chi come Piero Pelù si è schierato (per il No) via Facebook ha avuto 1.900 tra «like», cuoricini e faccine «Ooooh!», 127 commenti e 219 condivisioni. Cosa vorrà dire? Niente forse, se si vuole capire come voteranno gli italiani.