Corriere 1.11.16
Le diffidenze frustrano gli appelli all’unità
di Massimo Franco
L’unità
nazionale non decolla nemmeno sul terremoto. Troppe diffidenze nei
confronti di Matteo Renzi e dei suoi appelli; e troppa prossimità col
referendum istituzionale del 4 dicembre, per rimuovere il timore delle
opposizioni che il governo possa trarne vantaggio. Il premier promette
di ricostruire «tutti insieme». Vede uno di quei momenti in cui «le
divisioni politiche contano zero e si lavora tutti insieme nella stessa
direzione». Ma sul fatto che le divisioni non contino, purtroppo,
l’analisi è affrettata: contano, e pesano. La stessa Unione europea
assicura il suo aiuto, eppure resta fredda sui conti pubblici italiani.
L’idea
di rinviare il referendum per il terremoto, che si affaccia in alcuni
settori della maggioranza, non aiuta: viene vissuta dagli avversari come
un maldestro tentativo di esorcizzare una sconfitta. Maurizio Sacconi,
presidente della commissione Lavoro del Senato, si aggiunge a Pierluigi
Castagnetti del Pd nel chiedere un rinvio del voto che eviti
«un’ulteriore lacerazione sulla Costituzione». Ma con le sue parole la
certifica. Renzi liquida questa ipotesi come inesistente. Anche se il
Movimento 5 Stelle sembra possibilista. E il suo deputato Danilo
Toninelli propone un’alleanza per «sforare il parametro del 3 per cento e
quindi i vincoli europei». È un patto che dovrebbe far riflettere il
premier sulla piega che possono prendere i suoi rapporti con l’Ue.
Ma
Renzi sa che non può permettersi rotture oltre a quelle che la
consultazione produce nel Pd. Anche tra i dem che votano Sì solo per
disciplina, ristagna la sensazione che finora il premier abbia usato il
referendum «come manganello contro chi non la pensa come lui». Figurarsi
l’atteggiamento di chi è schierato col No pur essendo del Pd. Il
rischio è di fare apparire la voglia di unità nazionale di Palazzo Chigi
come un gesto disperato. Formalmente, Forza Italia si mostra pronta a
dare una mano. Eppure, gli rivolge critiche radicali.
I
berlusconiani accusano il capo del governo di moltiplicare «le uscite
sul sisma come un pretesto per ottenere ulteriore spazio»; e di usare un
tono «arrogante e sprezzante». E la sinistra estrema gli imputa di
chiedere aiuto ma di non coinvolgere l’opposizione. L’impressione è che
Renzi dovrà fare da solo: almeno a livello nazionale. Ieri ha incontrato
i presidenti della regioni interessate dal sisma: Lazio, Umbria, Marche
e Abruzzo. Più il commissario alla ricostruzione Vasco Errani e il capo
della Protezione civile, Fabrizio Curcio.
Sono stati convocati
prima di un Consiglio dei ministri straordinario che ha voluto dare la
sensazione di una reazione efficace e rapida. Rimane da capire quanto
potrà esserlo. Palazzo Chigi sta cercando di ottenere anche una concreta
solidarietà europea. Le riserve sui margini di spesa che l’Italia si
vuole ritagliare, tuttavia, rimangono. Il portavoce dell’Ue ribadisce
«sostegno con la mobilitazione della Protezione civile europea e il
Fondo di solidarietà, come in passato»: dove l’inciso finale sembra
raffreddare le aspettative. Renzi vorrebbe una deroga al calcolo del
deficit per i danni dei terremoti. E assicura che «non c’è braccio di
ferro con l’Ue»; che però conferma dubbi profondi sulla nostra legge di
bilancio.