sabato 19 novembre 2016

Corriere 19.11.16
L’allarme sull’economia per smuovere gli indecisi
di Massimo Franco

Era scontato che alla fine riemergesse la paura di uno scossone finanziario. E l’allarme sulla «forte volatilità» nei giorni del referendum, lanciato ieri da Bankitalia, sottolinea la prospettiva. Per il governo è un argomento spendibile in questa coda nervosa della campagna per smuovere gli indecisi: tanto più se davvero i sondaggi che lo danno in svantaggio riflettono la realtà. La sensazione è che nessuno possa prevedere se una vittoria del Sì o del No cambierà l’atteggiamento dei mercati finanziari. E l’opposizione insorge. Ma i giorni prima e dopo il 4 dicembre saranno di certo confusi: habitat ideale per chi specula.
I segnali sono già arrivati in questi giorni con il rialzo dello spread , il differenziale tra gli interessi sui titoli di Stato italiani e tedeschi. Matteo Renzi sottolinea il rischio. «Esiste oggettivamente una connessione tra economia e riforme», sostiene. «Il punto è che non dobbiamo evocare le cavallette ma spiegare che se vince il No vince il mai». È una strategia della paura che rappresenta la risorsa finale per un governo insicuro di vincere. Ma la narrativa si inserisce in un contesto contraddittorio.
Lo scontro con la Commissione europea sulla legge di Bilancio, per quanto ieri il presidente Jean-Claude Juncker abbia usato parole di solidarietà sul dopoterremoto, ha messo le misure economiche del governo sotto una luce ambigua; e di riflesso potrebbe allungare un’ombra su quelle costituzionali, che debbono legittimare l’Italia a livello europeo. Non solo. Il riferimento del ministro delle Riforme, Maria Elena Boschi, al bonus di ottanta euro concesso dal governo, che scomparirebbe in caso di vittoria del No, viene brandito dagli avversari.
Il M5S forza quelle parole per accreditare la tesi di voti «comprati»dal Pd per vincere le elezioni europee di due anni fa. Ma sono polemiche elettorali, più che referendarie. E conferme di una campagna che si sta già proiettando oltre la consultazione. I sospetti che la Lega di Matteo Salvini rilancia su possibili brogli nel voto degli italiani all’estero sono mosse preventive per mettere in mora un’eventuale affermazione del Sì. E gli scenari improbabili del ministro dell’Interno Angelino Alfano servono a esorcizzare la prospettiva di un dopo-Renzi se vincono i No.
«Questo fronte variopinto potrebbe mai sostituire il governo? Chi andrebbe a Palazzo Chigi, Berlusconi o Grillo?», chiede Alfano. Domande retoriche, che colgono bene e sottolineano l’eterogeneità della filiera dei nemici suoi e di Renzi. Eppure, si tratta di interrogativi che prescindono dal merito referendario. E rimuovono altre prospettive. Il toto-premier è cominciato in anticipo. E il presidente del Senato, Piero Grasso, è costretto a smentire le voci che lo danno a capo di un governo istituzionale. Smentita obbligata: alla fine decideranno gli elettori e il Quirinale.