venerdì 18 novembre 2016

Corriere 18.11.16
Il No in testa, ma il 13% è ancora incerto. E un elettore su due non andrà a votare
Ultimo sondaggio prima che scatti il divieto: i contrari al 55% contro il 45% dei pro riforma
C’è stata una progressiva diminuzione del consenso per la nuova Carta da parte degli elettori dei partiti di opposizione: il Sì è sceso dal 40 al 31 per cento tra quelli di FI, dal 21
al 13 tra i leghisti e dal 19 al 15 tra i grillini
di Nando Pagnoncelli

A due settimane dal referendum costituzionale gli orientamenti di voto degli italiani sembrano consolidarsi a favore del No. È quanto emerge dal sondaggio odierno, l’ultimo prima del blackout previsto dalla normativa che disciplina la pubblicazione dei sondaggi.
Temi e mobilitazione
Come di consueto iniziamo dal grado di coinvolgimento degli elettori. Con l’approssimarsi della data del voto si registra un aumento del livello di conoscenza dei temi: se infatti ancora il 12% dichiara di conoscere in dettaglio i contenuti della riforma (contro il 10% di fine settembre) a costoro si aggiunge il 51% che ritiene di conoscerla a grandi linee (contro il 44%). Permane comunque una quota tutt’altro che trascurabile di cittadini «distanti»: il 31% ne ha solo sentito parlare e il 6% ignora la scadenza referendaria.
Nonostante l’aumentata conoscenza, la mobilitazione degli elettori appare in flessione: la partecipazione al voto si attesta al 53,5% mentre in ottobre era pari al 57,7% (-4,2%). Considerando la totalità degli elettori si registra il vantaggio del No sul Sì di poco più di 5 punti (26,1% a 21%) e una quota di indecisi pari al 6,4%. Escludendo questi ultimi e gli astensionisti (46,5%), il vantaggio del No sul Sì appare netto: 55% a 45%. Per quel che riguarda l’incertezza, il dato complessivo è del 13% del totale elettori, risultante dal 6,4% che si dichiara indeciso più il 6,6% che potrebbe cambiare idea. Quest’ultima percentuale è data dal 14% che dichiara di poter cambiare la propria scelta (9%+5%) riportato al totale elettori, poiché il 14% è calcolato su coloro che esprimono una scelta, cioè il 47,1% degli elettori (somma di chi indica Sì oppure No). Va tuttavia osservato che una quota minoritaria ma tutt’altro che trascurabile dei due schieramenti non esclude di poter cambiare idea, in particolare il 13% dei sostenitori del Sì e il 15% di quelli del No. A questo proposito il dato più eclatante riguarda gli elettori centristi i quali, pur dichiarandosi maggiormente favorevoli al Sì (72% a 28%), potrebbero cambiare scelta nella misura di uno su tre (35%).
La campagna
Queste stime sembrano determinate da almeno tre aspetti che hanno caratterizzato la lunghissima campagna referendaria. Innanzitutto, come abbiamo fatto notare, la limitata conoscenza dei temi istituzionali nonché la loro distanza rispetto alle priorità dei cittadini che hanno indotto i sostenitori dei due fronti ad adottare una strategia che in larga misura ha prescisso dai contenuti della riforma. La personalizzazione della campagna ha quindi spostato il piano del confronto sul terreno politico e le strategie comunicative adottate erano più assimilabili a quelle di una competizione elettorale che di un referendum costituzionale.
Il focus sul governo
Inoltre, nonostante il premier abbia provato a riportare la dialettica nell’ambito dei contenuti della riforma (escludendo, tra l’altro, l’ipotesi di abbandonare la politica nel caso di affermazione del No, contrariamente a quanto inizialmente dichiarato) si è riscontrata una forte resistenza da parte del fronte opposto che, per quanto eterogeneo e mosso da motivazioni diverse, aveva tutto l’interesse a mantenere il focus sul futuro del governo e di Renzi. In uno scenario tripolare, infatti, la maggioranza assoluta degli elettori esprime valutazioni negative sull’esecutivo e sul premier. Non stupisce quindi la progressiva diminuzione del consenso per la riforma da parte degli elettori dei partiti di opposizione. Rispetto ad ottobre, infatti, il Sì passa dal 40% al 31% tra gli elettori di Forza Italia, dal 21% al 13% tra quelli della Lega e dal 19% al 15% tra i grillini.
Il cambiamento
Il tema del cambiamento è stato al centro del dibattito. Ma quale cambiamento? Delle istituzioni o del governo? E quale leader o soggetto politico è portatore del cambiamento oggi? Sono temi su cui riflettere nei prossimi mesi, indipendentemente dall’esito del referendum e alla luce di quanto avvenuto con la Brexit e le elezioni americane o di quello che avverrà con quelle austriache.
In conclusione, il vantaggio del No è abbastanza netto in uno scenario nel quale comunque permangono diversi elementi di incertezza: la «stabilità» della decisione attuale espressa dagli elettori, il numero di indecisi e la partecipazione al voto. Nonché il voto dei residenti all’estero che solitamente non viene considerato nei sondaggi. Come sappiamo i sondaggi pre-elettorali negli ultimi tempi non hanno dato prova di grande affidabilità, ma al momento rimangono l’unico strumento per conoscere gli orientamenti degli elettori. Eccezion fatta ovviamente per gli oracoli «del giorno dopo» che non mancano mai. E questa più che una previsione è una certezza.