Corriere 16.11.16
Compromesso sui conti
di Federico Fubini
La
Commissione Ue oggi dirà che il bilancio italiano non risulta in linea
con le raccomandazioni europee, ma il verdetto finale è rinviato a dopo
il referendum.
Forse più di chiunque altro, la figura chiave
questa volta è Martin Schulz. Il presidente dell’europarlamento,
navigato militante della socialdemocrazia tedesca, si trova oggi in una
posizione unica a Bruxelles per favorire i compromessi più difficili: è
amico personale Jean-Claude Juncker, oggi il solo di cui il presidente
della Commissione Ue si fidi in pieno, è tedesco e appartiene a un
partito della coalizione di governo, ma è anche convinto che si debba
aiutare il governo italiano a superare la strettoia del referendum
costituzionale.
Schulz ha avuto un ruolo essenziale nei negoziati
che hanno permesso una prima, molto provvisoria apertura all’Italia
sulla Legge di stabilità (come riferito dal Corriere il 12 novembre).
Diverso è stato invece l’approccio di un altro tedesco delle istituzioni
europee: Martin Selmayr, influente capo dello staff di Juncker, apparso
convinto che sarebbe meglio proporre subito una procedura per deficit
eccessivo per l’Italia sulla base di un bilancio che, secondo Bruxelles,
fa salire il debito e soprattutto il deficit al netto degli effetti
transitori.
La Commissione Ue oggi dirà che dalla sua analisi,
«apparentemente», il bilancio italiano non risulta in linea con le
raccomandazioni europee nella primavera scorsa. Parte delle spese legate
all’emergenza migranti e agli interventi antisismici vengono
riconosciute, senza che ciò contribuisca a complicarne la posizione
dell’Italia. Ma di fatto Juncker e i suoi si riservano di tornare sul
caso tra qualche settimana per non esacerbare il confronto durante la
campagna referendaria.
Ci sono però una seconda e una terza parte
delle decisioni attese oggi a Bruxelles che potrebbero produrre tensioni
più acute. E questa volta riguardano la Germania, non i Paesi
dell’Europa del Sud. Salvo frenate dell’ultimo momento, oggi la
Commissione Ue dovrebbe annunciare un «monitoraggio specifico» sul
governo di Berlino a causa degli «squilibri macroeconomici». In concreto
da Bruxelles si recherà in Germania una sua squadra di economisti per
verificare se esistano distorsioni «eccessive» nell’economia. Non che
l’Italia o la Francia siano immuni da queste missioni di vigilanza, solo
che le ospitano per il loro eccesso di indebitamento.
A Berlino
avverrà invece il contrario: lo squilibrio sospettato di essere
«eccessivo» riguarda un surplus senza precedenti nello scambio di beni,
servizi e partite finanziare con l’estero, quasi il 9% del reddito del
Paese. All’attuale tasso di cambio dell’euro, la Germania è così
competitiva, e da sempre così propensa al risparmio, che non riesce a
riciclare in consumi o investimenti un’accumulazione di surplus
sull’estero da poco più di 300 miliardi di euro l’anno. Ciò sottrae
domanda e crescita al resto del mondo, alimentando gli squilibri interni
dell’area euro.
La decisione attesa oggi apre la possibilità di
una vera procedura per «squilibri macroeconomici eccessivi» sulla
Germania in primavera. Naturalmente essa resta improbabile, specie
all’inizio della campagna elettorale tedesca. Ma Juncker sembra deciso a
far salire la pressione anche con un’altra mossa attesa per oggi: una
«comunicazione» che, per la prima volta guarda, agli equilibri di
bilancio complessivi dell’area euro — non solo ai singoli governi — e
propone politiche più espansive nei Paesi con i conti a posto. Nella
media di Eurolandia, il deficit continua a scendere più che nelle
previsioni di pochi mesi fa, fino all’1,5% del reddito dell’area nel
2017. La Commissione dirà che serve un riequilibrio. Il governo tedesco e
pochi altri saranno invitati a fare di più, per investire e sostenere
la crescita ancora anemica dell’unione monetaria.
È una piccola
rivoluzione copernicana voluta da Juncker per dare una mano alla Banca
centrale europea. Con i tassi d’interesse già a zero, dall’Eurotower
ormai può arrivare ben poca spinta alla ripresa ed è per questo che
Bruxelles lancia un invito ai governi i farsi carico della propria parte
di impegno per la ripresa in area euro. Non è un caso se proprio Mario
Draghi, presidente della Bce, in settembre aveva detto qualcosa di
simile: «I Paesi che hanno spazio di bilancio dovrebbero usarlo. E la
Germania ne ha».