Corriere 15.11.16
La politica e gli ideali perduti
di Ernesto Galli della Loggia
Nessun
esponente politico europeo potrà mai fare proprio previo opportuno
adattamento lo slogan della campagna elettorale di Donald Trump
«rendiamo di nuovo grande l’America». Da lungo tempo, infatti, la
grandezza non abita più questa parte d’Europa: non ultimo per la buona
ragione che abbiamo imparato sulla nostra pelle di quante lacrime e
sangue grondi quasi sempre la grandezza quando si tratta di politica.
Ciò nonostante i risultati delle elezioni americane ci riguardano da
vicino poiché esse valgono a far luce su alcuni nodi critici
caratteristici pure delle nostre società. Ma non già solo su quello
continuamente evocato in questi giorni del «politicamente corretto»,
diventato adesso (ma solo adesso) oggetto di universale deprecazione. Ci
sono cose che contano assai di più. Che dovrebbero contare assai di più
agli occhi sia della Destra che della Sinistra europee se queste
vogliono continuare ad avere qualcosa da dire ai loro elettorati.
Il
nodo più importante è quello rappresentato dal binomio
liberismo-globalizzazione che da almeno un trentennio domina l’orizzonte
mondiale. Ora non c’è dubbio che anche grazie ad esso su tutto il
pianeta centinaia di milioni di persone sono uscite dalla povertà. Ma
nei Paesi occidentali è avvenuto l’opposto. Ammettiamo pure che la
gigantesca redistribuzione delle risorse su scala mondiale prodotta dal
binomio di cui sopra sia stata e sia moralmente giusta.
E ssa
tuttavia è avvenuta, in sostanza, a spese di una parte non indifferente
dei cittadini europei e americani. Nella maggior parte dei nostri Paesi
le diseguaglianze tra i redditi e le differenze di status sono di
conseguenza aumentate di molto. È cresciuto il numero dei poveri. La
mobilità sociale si è quasi del tutto bloccata: chi oggi vive
nell’indigenza e nel disagio, in squallidi quartieri dormitori, in
periferie prive di tutto, non ha quasi più alcuna speranza che i propri
figli abbiano domani un’esistenza migliore. Si calcola ad esempio che
negli Stati della costa orientale degli Usa, roccaforte da sempre (e
anche una settimana fa) del Partito democratico, la probabilità di un
bambino nato dai genitori più poveri di raggiungere la classe più
elevata si aggiri in media (in media) intorno al 5 per cento.
La
Destra e la Sinistra europee tradizionali non solo si sono accorte con
molto ritardo di come si stavano mettendo le cose, ma quando pure lo
hanno fatto — trovandosi oltre tutto alle prese con la crisi economica
sopraggiunta nel 2008 — non hanno poi saputo cosa fare. Molto
probabilmente perché convinte di essere ormai le padrone in regime di
monopolio del mercato elettorale. Così più o meno dappertutto Destra e
Sinistra hanno lasciato che i sistemi di protezione del Welfare (da
quello delle pensioni a quello della sanità) lentamente ma
implacabilmente si deteriorassero e perdessero pezzi; e insieme che il
sistema fiscale volto ad alimentarlo continuasse a favorire attraverso
vari espedienti legali le medie e grandi ricchezze. Legatesi con la
massima superficialità a una moneta unica e alle relative politiche di
bilancio di natura restrittiva, le forze di governo tradizionali non
sono state in grado di creare flussi di investimenti pubblici capaci di
assorbire le crescenti quote di disoccupazione, nel mentre però
continuavano a elargire finanziamenti statali a sostegno delle più varie
attività e degli interessi forti. In Paesi come l’Italia o la Grecia,
poi, esse hanno continuato a permettere tassi di evasione fiscale
altissima. Un po’ dappertutto, infine, dove più dove meno, hanno
assistito senza muovere un dito al degrado dei sistemi d’istruzione
pubblica, e al loro concomitante abbandono da parte dei figli delle
classi agiate, con relativo effetto logorante su ogni futura coesione
sociale. Contemporaneamente tale coesione è venuta incrinandosi anche
per un’altra via: quella dei comuni legami ideali. Fino a qualche tempo
fa, e sia pure in modi diversi a seconda delle loro diverse storie,
tanto la Destra che la Sinistra europee tradizionali traevano da tali
storie un loro specifico rapporto con numerose dimensioni collettive,
ognuna espressione e matrice di importanti valori condivisi: la nazione,
la classe, lo Stato, il partito, il sindacato, la Chiesa, la famiglia.
Questo complesso universo di legami e di fedeltà, spesso tra loro
intrecciati e sovrapposti, ha subito l’urto disgregatore dei tempi
nuovi. Nel Vecchio continente come negli Stati Uniti, i partiti della
Destra e della Sinistra egemoni non hanno capito — o lo hanno capito
solo molto debolmente — che in questo modo, però, si apriva un
gigantesco vuoto nel corpo sociale. Un vuoto che unito alle molteplici
difficoltà economiche di cui ho detto sopra, era la potenziale premessa
per la diffusione in molti di uno stato d’animo di abbandono e di
spaesamento, di solitudine, era la premessa per l’insorgere di un dubbio
sottile ma angoscioso sul valore della propria identità e della
tradizione del proprio gruppo, di oscuro timore circa il futuro.
Invece
di comprendere tutto questo, invece di cercare dunque nuove motivazioni
e nuove forme per le dimensioni della vita collettiva in crisi, invece
di cercare il modo di rinvigorire i valori in esse contenute, il più
delle volte la Destra e la Sinistra di sistema hanno addirittura
assecondato di fatto i processi di disgregazione dei legami sociali.
Invece di ricordare che la politica si alimenta di passioni e di sogni,
che è quella cosa capace di gettare un ponte tra ciò che è stato e ciò
che potrebbe essere, hanno dato mano a ogni lesione concreta o simbolica
del passato (si trattasse di un paesaggio, di un luogo o dei programmi
scolastici), hanno favorito la messa da parte di tutto quanto fosse
dichiarato «sorpassato» o «antieconomico» (dalla maestra unica nelle
elementari agli uffici postali e agli sportelli delle biglietterie delle
stazioni in tanti centri minori). Schierandosi regolarmente a sfavore
del «piccolo» e dalla parte del «grande», a sfavore della parte più
culturalmente arretrata, più anziana, più geograficamente periferica,
più indigente della popolazione; a sfavore del- l’identità dell’uomo
della strada contro i sacri diritti del libero individuo emancipato.
Dimenticando che però quando arriva il momento di votare, si dà il caso
che i piccoli, che la gente qualunque, che gli uomini della strada,
possano alla fine risultare in maggioranza.