Corriere 14.11.16
Englaro e la triste fine del testamento biologico
di Pierluigi Battista
Tutti
a dire: che peccato, se n’è andato Umberto Veronesi che tanto parlava
(con posizioni aperte, ovviamente passibili di ogni critica) di una
buona legge sul fine vita. Ecco allora: che fine ha fatto la legge sul
testamento biologico? Sparita, annegata, impantanata in qualche
commissione parlamentare, all’oscuro dell’opinione pubblica. Ricordate
il caso di Eluana Englaro? Allora ci si appassionò. Ci dilaniammo, anche
con toni esagitati ed estremi, sulla vita e sulla morte, pensavamo che
non si potesse aspettare troppo, che una legge nuova fosse all’ordine
del giorno, che la non scelta lasciasse troppo spazio all’arbitrio su un
tema fondamentale, ineludibile. E invece? Tranne i Radicali che si
battono per l’eutanasia, e i gruppi cattolici oltranzisti che non
vogliono lasciare spazio a nessuno spiraglio di autodeterminazione e di
autonomia delle persone, nessuno mette più il tema del testamento
biologico in cima all’agenda delle cose importanti da fare.
Era il
2009, quando l’opinione pubblica si divise sul caso Englaro. Sono
passati sette anni e noi sappiano con certezza che ne passeranno
altrettanti prima di avere una legge, prima di interessare i vertici
della politica, prima di scongelare la discussione sul fine vita dal
frigorifero di una commissione parlamentare che esaminerà le varie
proposte di legge con negligente lentezza. Un tema così importante che
coinvolge la vita delle persone, gli affetti primari delle famiglie, che
affronta dimensioni così importanti per la società e per i singoli come
il dolore, la dignità dell’esistenza, la malattia, le ragioni stesse
del vivere, questo tema viene messo da parte. L’opinione pubblica, si
sa, è ondivaga, ha un rapporto volubile con le emozioni collettive: un
giorno è trascinata nel gorgo delle passioni, il giorno dopo si
re-immerge nell’indifferenza. Ma la politica non dovrebbe essere schiava
delle emozioni collettive. Dovrebbe proporre soluzioni che anticipino
l’emergenza. E purtroppo la triste fine della legge sul testamento
biologico dimostra che non sono farraginosi meccanismi istituzionali e
costituzionali (come si dice in questa campagna referendaria) a
seppellire ogni innovazione nella lentezza inconcludente, bensì la
mancanza di convinzione, la voglia di rimandare tutto all’infinito, nel
sapere che in questa legislatura il tema del fine vita non verrà mai
alla ribalta, neanche fosse una quisquilia, un lusso superfluo .