Corriere 14.11.16
Michael Wolff
«Donald non ha idea di cosa fare. Ma è genuino, non sarà un mostro»
intervista di Aldo Cazzullo
Michael Wolff spiega chi è davvero il vincitore: «Impreparato, avrà il partito contro»
«Ora
tutti qui in America dicono che l’avevano detto. È vero il contrario:
nessuno l’aveva detto. Magari al bar, con gli amici. Ma quasi nessuno
credeva davvero che Trump avrebbe vinto; neppure Trump. Ho visto Steve
Bannon, il capo della sua campagna, due settimane fa. Diceva che ci
sarebbe voluta una congiunzione astrale favorevole».
Michael
Wolff, uno dei più influenti giornalisti d’America, è il biografo di
Rupert Murdoch e ha intervistato più volte Donald Trump.
È vero che Murdoch e Trump si detestano?
«Non
si amano. Ma hanno un punto di contatto: la ex moglie di Murdoch,
Wendi, è molto amica di Ivanka Trump. Creeranno un canale di
comunicazione tra i due. Non a caso, la Fox stavolta aveva parecchi
dubbi sul candidato repubblicano, ma ha finito in parte per
appoggiarlo».
Com’è Trump di persona?
«Amichevole,
simpatico. Una volta mi ha chiesto se avevo davvero registrato 50 ore di
conversazione con Murdoch, e se avevo capito tutto quello che diceva,
con il suo accento australiano: “Quando mi parla non capisco una
parola”».
Il Wall Street Journal scrive che un populista è entrato alla Casa Bianca.
«Il
populismo è una vena antica della politica americana, non solo a
destra. Molti voti di Roosevelt erano voti populisti. Trump non ha i
tratti del populista: è miliardario, ha sposato una top model, vive in
cima a una torre».
Cos’è, allora?
«Non è il mostro che
raffigurano. Non è grottesco. È una persona genuina: sa comunicare, si
interessa a chi ha di fronte. Per questo è piaciuto a molti americani».
Ed è detestato da molti altri.
«È
una personalità divisiva, anche per le cose gravi che ha detto. Però
tra i neri e gli ispanici ha preso più voti del moderato Romney. Trump è
la reazione dell’America profonda ai cambiamenti di Obama».
Che presidente sarà?
«Nessuno
può dirlo. È del tutto impreparato. Privo di esperienza. Comincia un
discorso e subito ti accorgi che non sa di cosa sta parlando. Mi ricorda
Il candidato , il film in cui Robert Redford viene eletto senatore e si
chiede: “E ora che facciamo?”. Ecco, Trump è nella stessa situazione.
Però è alla Casa Bianca».
Rudy Giuliani sostiene che sarà un nuovo Reagan.
«Rudy Giuliani è alla ricerca di un buon posto di lavoro».
Lei cosa prevede?
«Una
stretta all’immigrazione la dovrà dare. E chiederà di rivedere gli
accordi sul commercio mondiale. Ma avrà grandi problemi con il suo
partito. I repubblicani ora se lo fanno piacere, ma le ostilità verso
Trump riemergeranno presto. Ci sarà battaglia tra liberisti e
protezionisti, tra neo e paleo-conservatori».
Quale linea sceglierà il presidente?
«Di
lui dicono che tenda a dare ragione all’ultimo che ha parlato. In
realtà, Donald non ascolta nessuno. Decide da solo. Ad esempio sono
curioso di vedere cosa farà con le due destre europee».
Appoggerà i populisti o i moderati?
«Appunto.
Marine Le Pen o Juppé? La Merkel o la Petry? Dipenderà da chi vince.
Certo Putin sarà più forte nel suo scontro con la Germania».
Chi emergerà tra i democratici per sfidare Trump tra quattro anni?
«Michelle
Obama non ci pensa neanche. Non è male Andrew Cuomo, il governatore di
New York: avrà una chance se cadranno le accuse di corruzione sui suoi
uomini».
E il sindaco Bill De Blasio com’è?
«Terrificante».
Barack Obama come sarà ricordato?
«È
troppo presto per un giudizio storico. Quando nel gennaio 2001 lasciò
la Casa Bianca, Clinton era considerato un buon presidente, Monica
Lewinsky a parte. Gli anni 90 erano stati un tempo di espansione
economica. Ma oggi Clinton è accusato di non aver visto arrivare il
terrorismo islamico, e di aver posto le basi per il crollo della
finanza».
Ma com’è il suo personale giudizio su Obama?
«Negativo.
Non c’è un problema che abbia risolto. Non c’è un americano che
consideri riuscita la sua riforma della sanità. E ha fallito nel suo
obiettivo più importante: fare dell’America una società post razziale».
Cosa pensa delle proteste degli studenti?
«I
liberal sono sotto choc, ed è normale che lo siano. L’America è divisa
in due metà che non si riconoscono a vicenda. È interessante questa
ribellione giovanile, nata da Instagram . Ma se dovesse diventare
violenta perderebbe qualsiasi forza».