lunedì 14 novembre 2016

Corriere 14.11.16
I pasticci del voto fuori confine
di Alessandro Trocino

ROMA Il ministro degli Esteri Gentiloni rassicura e invita a non considerare «potenziali imbroglioni» gli italiani all’estero. Patente che sarebbe ingeneroso affibbiare ai nostri connazionali fuori dai confini. Ma è anche vero che il rapporto con il voto all’estero, sin da quando fu istituito con la legge «Tremaglia» nel 2001, è quanto meno conflittuale.
La prima prova del voto, nel 2006, viene segnata da uno scandalo documentato da un video: un gruppo di ragazzi in uno scantinato australiano metteva voti su pacchi di schede bianche, per l’Unione e per Forza Italia. Primo di una lunga serie di scandali per un voto difficile da verificare, in un territorio sterminato, per circoscrizioni incontrollabili e ignote ai partiti italiani, con candidati spesso discussi. Lo stesso Mirko Tremaglia, senatore di An, già allora segnala «brogli pazzeschi». E Giuseppe Pisanu spiega: «Nel voto all’estero è successo di tutto».
Nel 2006, un senatore italo-argentino, Luigi Pallaro, risulta decisivo per la maggioranza del governo Prodi. A ogni votazione, la maggioranza aspetta con ansia l’arrivo dal Sud America del senatore, che fa pesare il suo ruolo. E che nel giorno decisivo per la tenuta del governo, decide di restarsene a casa. La qualità dei parlamentari eletti all’estero è spesso messa sotto accusa e si ricordano i nomi di Nicola Di Girolamo, Sergio De Gregorio, Juan Esteban Caselli, Massimo Romagnosi e Antonio Razzi. Senatori discussi e in alcuni casi finiti in guai giudiziari.
Sotto accusa, nel meccanismo, soprattutto il voto per corrispondenza. Difficile garantire la filiera stampa delle schede, consegna, voto, spedizione. Nel 2008 si prova a rimediare, disponendo l’obbligo del voto tramite raccomandata e non più per posta semplice e riducendo anche le circoscrizioni da 5 mila a 3 mila elettori. Non va meglio.
In Argentina vengono stampate 120 mila schede in più del necessario. Un altro video documenta di schede aperte, già barrate, per il Pdl. Non manca una telefonata registrata in cui un uomo d’affari vicino alla cosca Piromalli offriva a Marcello Dell’Utri 50 mila voti (in cambio di 200 mila euro), da assegnare truccando le schede bianche.
Nel 2013, ma la denuncia è stata resa nota solo alcuni giorni fa dal Fatto Quotidiano , l’ambasciatrice Cristina Ravaglia spiega che il sistema del voto all’estero è «totalmente inadeguato» e non sono garantite «libertà e segretezza». Sotto accusa, tra l’altro, l’elevatissima quantità di schede nulle riscontrate nell’elezione all’estero.
Per i partiti, resta difficile influenzare e controllare il voto degli italiani fuori dai confini. E anche per questo l’esempio di Matteo Renzi, che ha deciso di inviare la lettera per il sì al referendum costituzionale, non è isolato. Un’analoga missiva fu inviata agli italiani all’estero da Silvio Berlusconi (nel febbraio 2008) e da Pier Luigi Bersani (gennaio 2013). In questo caso, entrambi gli uomini politici erano leader di partito.