Corriere 13.12.16
Trump
Via libera ai lavori per rifare ponti e strade (grazie a fondi privati)
È
il piano più ambizioso dell’era Trump: investimenti pari a mille
miliardi di dollari, spalmati sui prossimi dieci anni, per rifare le
infrastrutture del Paese. Strade, aeroporti, ponti, ferrovie, tunnel,
ospedali, scuole, telecomunicazioni: tutte opere invecchiate da almeno
20-30 anni, spesso decadenti. Sembra il classico intervento di tipo
keynesiano: far girare l’economia con fondi pubblici. In realtà il
montaggio finanziario dell’operazione prevede un costo zero per lo
Stato. L’idea è coinvolgere i privati: soprattutto le banche e gli hedge
fund, la nuova élite della finanza americana. L’amministrazione fiscale
concederà un credito di imposta pari all’82 per cento dei capitali
investiti. Ciò significa che, se l’intera cifra preventivata di 1.000
miliardi di dollari di dollari venisse coperta da risorse private,
l’amministrazione fiscale si ritroverà a dover onorare, ragionando sulle
medie, deduzioni di imposta pari a 88,2 miliardi all’anno. Una cifra
consistente, che potrebbe scaricarsi sul debito pubblico già enorme:
19.200 miliardi, il 105 per cento del pil. Trump, però, conta di
recuperare gettito fiscale con le imposte sul reddito aggiuntivo
prodotto dalle grandi opere: utili delle aziende di costruzioni, salari
degli operai coinvolti. Può funzionare? Dal punto di vista politico il
neopresidente conterà sicuramente sull’appoggio pressoché corale del
Congresso. Le grandi imprese di costruzione, poi, stanno già «sbavando»,
come scrive il Wall Street Journal . Tutte pronte ad aprire i cantieri.