Corriere 10.11.16
Krugman e i liberal pietrificati «Adesso arriveranno i disastri»
di Giuseppe Sarcina
NEW
YORK Gli intellettuali liberal d’America sono come pietrificati.
Difficile ingabbiare in un’analisi, in un ragionamento la vittoria
«sovversiva» di Donald Trump. Gli editorialisti più seguiti del New York
Times ieri hanno messo da parte i toni corrosivi degli ultimi mesi,
offrendo ai lettori articoli carichi di dolorosa rassegnazione. Paul
Krugman, 63 anni, premio Nobel dell’Economia nel 2008, ha confessato di
essere totalmente disorientato: «Dovrei rispondere alla legittima
domanda, che cosa succede ora sui mercati finanziari? Ma in questo
momento le ricadute sull’economia sono in fondo alla lista delle mie
preoccupazioni». Krugman non concede neanche la sospensione del
giudizio. È convinto che siano in arrivo disastri: Trump è «un uomo
ignorante, irresponsabile e per di più consigliato dalle persone
peggiori che siano in circolazione nel Paese».
Anche Thomas
Friedman, grande esperto di politica estera, interlocutore privilegiato
di Barack Obama, alza le mani: «Nei miei 63 anni di vita non ho mai
avuto così paura come adesso che qualcuno, come Trump, possa spaccare il
Paese. Noi possiamo diventare così irreparabilmente divisi che il
nostro governo nazionale non potrà più funzionare».
Nella notte
dell’8 novembre Trump non ha battuto solo Hillary Clinton, ma
praticamente lo «star-system» culturale degli Stati Uniti. Un mondo
parallelo, formato da super esperti di sondaggi sconfessati in modo
brutale dalle urne, da grandi giornali che evidentemente non sono più in
grado di orientare la maggioranza dell’opinione pubblica. La cosa che
colpisce nelle reazioni di questi intellettuali è la robusta dose di
autostima. Del resto ieri Hillary Clinton, rivolgendosi ai suoi
sostenitori, ha detto: «Voi siete la parte migliore del Paese». Una
frase che fa imbestialire i repubblicani, qualunque sia il loro titolo
di studio. Fa eccezione lo scrittore J.D. Vance, che sempre sul New York
Times dice di essersi reso conto di «vivere in una bolla»: un ambiente
colto, metropolitano, distinto e distante dall’America che ha vinto le
elezioni. Vance, in realtà, viene dal Kentucky, pieno Midwest trumpiano.
Il suo ultimo romanzo si intitola: Hillbilly Elegy , più o meno elogio
del montanaro.
Lo choc dell’8 novembre aprirà una lunga
discussione tra le due Americhe. Per ora, nel campo democratico, è anche
il momento dei pianti. La cantante Miley Cyrus, accesa sostenitrice di
Hillary, ha postato un video-appello in cui chiede, in lacrime, che il
Paese torni a essere unito.