contro Massimo Recalcati
il manifesto 21.11.16
Il Telemaco, il messia e la Costituzione
Verità nascoste. La rubrica settimanale di Sarantis Thanopulos
di Sarantis Thanopulos
Massimo
Recalcati nell’elogiare, alla Leopolda, Matteo Renzi, ha accusato la
sinistra del No di essere masochista, paternalista e di odiare la
giovinezza. Accuse fondate su luoghi comuni.
Un discorso
aforistico, privo di argomenti, teso a screditare l’avversario piuttosto
che ad esprimere una propria opinione sui quesiti referendari.
L’andazzo
è proprio questo: la grande maggioranza degli italiani nel referendum
prossimo voterà pro o contro Renzi, a prescindere dalla valutazione di
una riforma che modificherà in modo sostanziale la costituzione
italiana.
La personalizzazione del conflitto politico ha finito
per espropriarci della cura nei confronti delle regole fondamentali
della nostra convivenza democratica. Si è fatta strada una corrente di
«eccezione dalla costituzione», che mentre aspira formalmente a
riformarla, di fatto crea il clima di una sua sospensione sul piano
emotivo.
Questo tipo di sospensione dell’ordinamento
costituzionale è il più pericoloso. La restrizione diretta e apertamente
autoritaria delle garanzie costitutive dei nostri diritti, crea
opposizione e ribellione.
La loro sostituzione con l’affidamento
regressivo all’«uomo della provvidenza», da una parte sposta
l’attenzione su un quesito fuorviante – se costui è quello «vero» o
quello «falso» – e dall’altra favorisce la deresponsabilizzazione.
La
nota identificazione del premier con Telemaco, nella versione ideata da
Recalcati come riparazione (impropria) dell’assenza del padre, è
espressione di un vissuto di delegittimazione collettiva. Di questa
delegittimazione, della cui origine non è responsabile, Renzi si è
costituito come l’interprete più importante.
L’ha fatto per
negazione, cioè oscurandola: più incerta sente la propria legittimità,
più insiste sulla delegittimazione degli altri.
La rottamazione
pura e semplice di una classe politica inadeguata non produce di per sé
legittimazione. Se resta come unica opzione perpetua il senso di
delegittimazione. Infatti, Renzi, il rottamatore, si identifica con
Telemaco: un figlio reso illegittimo dall’assenza del padre e dalla
solitudine, vedovanza «bianca», della madre (le due condizioni sono
inscindibili). Dimentica che il ritorno della legge nel regno di Itaca,
non è opera di Telemaco. Deriva dal ritorno di Ulisse nel letto
coniugale, dal suo riconoscimento e legittimazione come uomo e come
padre dall’amore di Penelope.
Le regole «costituzionali» che
garantiscono la buona gestione delle relazioni familiari, sono fondate
sulla capacità dei genitori di essere soggetti paritari nel loro legame
di desiderio. I figli che rottamano il padre, cercando di sostituirlo
nell’amore della madre, finiscono per assumere un ruolo messianico.
In
modo analogo al governo familiare, il governo della Polis non può
essere affidato a un Telemaco capovolto nel suo significato, che non sa
attendere il suo tempo. Aspettare il momento giusto per sentirsi adulti –
l’accesso alla piena comprensione della congiunzione erotica dei
genitori e della sua problematicità – è il senso vero dell’attesa del
padre in Odissea.
Un leader capace di identificarsi con Penelope e
Ulisse, cioè con il senso di corresponsabilità che costituisce le
relazioni cittadine in termini di condivisione e di scambio, è molto più
affidabile di un figlio che si sostituisce ai genitori. Costui si
imprigiona nel destino del redentore e, diversamente da Telemaco di
Omero, si considera il frutto di una unione spirituale tra un padre
ideale e una madre/figlia vergine. Promuove la deresponsabilizzazione
che gli ha assegnato la sua funzione immaginaria e si/ci illude di poter
farcela.