Repubblica 9.10.16
Roberto Speranza.
“Il tempo è scaduto l’Italicum resta, voto No”
Ultimatum del leader della sinistra Pd: svolta o rottura, basta annunci generici
intervista di Giovanna Casadio
ROMA.
«Il tempo è scaduto». Roberto Speranza, uno dei leader della sinistra
del Pd, rompe gli indugi sul referendum, alla vigilia di una direzione
del partito, domani, che - prevede - non sembra promettere cambi di
rotta da parte di Renzi.
Speranza, lei non ha dunque più incertezze su come votare al referendum?
«Il
tempo è finito. Parteciperò alla direzione e ascolterò con attenzione
come sempre. Ma non sono disponibile a nuove meline e mediazioni al
ribasso, si poteva fare molto per rimediare l’errore della legge
elettorale, dell’Italicum. Lo chiediamo da mesi, appellandoci al
dialogo. Purtroppo non si è fatto nulla».
Tempo quindi scaduto. E lei e la sinistra del Pd voterete No al referendum?
«Con l’Italicum, il nostro voto è No».
Eppure ci sono state aperture di Renzi per un cambiamento dell’Italicum: non bastano?
«Sono
contento che si parli di legge elettorale. È la lex politica per
eccellenza, esprime l’idea che abbiamo di democrazia. Ora si dice “siamo
disponibili a cambiare”. Ma vorrei ricordare tutta l’energia messa per
l’Italicum. Nell’aprile del 2015 quando l’abbiamo approvato, 10 deputati
sono stati sostituiti in commissione, il governo ha messo la fiducia,
la terza volta in 150 anni, unici precedenti la legge truffa e la legge
Acerbo sotto il fascismo. Noi non abbiamo votato la fiducia, io mi sono
dimesso da capogruppo del Pd».
La minoranza dem chiede
un’iniziativa del governo sulla legge elettorale. Il segretario- premier
invece si appella al Parlamento. Non vi trovate proprio...
«La
direzione è l’ultima possibilità. Però non per annunci generici: il
governo e la sua maggioranza hanno prodotto il disastro dell’Italicum,
ora senza una loro vera iniziativa ogni mossa e invito al Parlamento, è
una perdita di tempo».
Ma la questione del “combinato disposto” riforma costituzionale- Italicum non è pretestuosa?
«Legge
elettorale e riforma costituzionale rappresentano un’unica grande
riforma dell’architettura istituzionale. Una sola Camera farà le leggi e
darà fiducia. È ovvio che il modo in cui si elegge quella Camera è
decisivo. Da mesi dico che questo meccanismo non va perché cambia la
forma di governo. L’unica strada per scongiurarlo è votare No».
Dicono
i renziani che qualsiasi proposta sarebbe per la sinistra dem
insufficiente, dal momento che l’obiettivo è sloggiare il
premier-segretario, è così?
«Direi che è piuttosto una scusa loro, per non rispondere nel merito».
Il referendum è una sorta di resa dei conti nel Pd. Dopo c’è la scissione?
«Io
non lascerò mai il Pd e il Pd non si dividerà dopo il referendum. Ma
non neghiamo la realtà, una parte significativa degli elettori del
centrosinistra è già sul No. Sono nostri elettori. E c’è un quel pezzo
della comunità dem che purtroppo si sente già fuori dal Pd. In questi
mesi si è diviso il paese. Siamo di fronte alla più lunga campagna
elettorale della storia repubblicana, con toni spesso sopra le righe.
Vanno abbassati. La prima responsabilità tocca al premier, gli
consiglierei di parlare un po’ meno di D’Alema e un po’ di più dei
problemi del paese. È diventato un dalemologo ».
Non la imbarazza essere in compagnia di Salvini?
«Mi sento piuttosto in compagnia dell’Associazione dei partigiani, della Cgil, dell’Arci».
E farà campagna per il No?
«Non sarò certo chiuso in casa per i prossimi due mesi».