Repubblica 5.10.16
L’intervista. Il filosofo Gianni Vattimo
“Meglio rinascere che essere eterni”
intervista di Ottavia Giustetti
TORINO.
«Penso che si dovrebbe rinascere. Non essere immortali. Chi si
innamorerebbe di un immortale, chi vorrebbe averlo al proprio fianco?
Rinascere invece sì, questo lo desidererei anche io». Gianni Vattimo,
filosofo, 80 anni compiuti a gennaio, non rimpiange la scoperta dei
biologi su Nature.
«Non mi pare affatto una cattiva notizia.
Capiamoci: mentre le parlo tocco le chiavi di ferro che ho in tasca».
Ironizza scaramanicamente: «Diciamo che questa sarà un’intervista
“chiavi in mano”».
Quindi qualche rimpianto nel veder sfumare ogni speranza di immortalità è comprensibile?
«Scherzi
a parte: non credo, onestamente. L’elemento della mortalità è così
costitutivo della nostra natura che non si può neppure immaginare un
mondo abitato da immortali. Io poi mi sono occupato tutta la vita di
Martin Heidegger, un filosofo che pensava “l’essere per la morte”. Ho
fatto allenamento».
Se le dicessero: “Si prepari, è tra mezz’ora”. Come la prenderebbe?
«Tra
mezz’ora sarei terrorizzato. Diciamo così: desidero di non morire, e
comunque non desidero di essere immortale. È così lontano da me questo
sogno che pago ogni anno l’iscrizione a un’associazione di Zurigo per
assicurarmi una morte dignitosa. Prima o poi».
Cosa succede in un mondo dove l’uomo più anziano possibile è già morto? Non mancherà la spinta positiva verso il progresso?
«Continuerà
come se niente fosse, mi creda. Nel campo della ricerca che genera il
progresso. Sul piano scientifico e sociologico la fuga dalla morte resta
una rincorsa inevitabile. E visto che nessuno si è arreso in passato,
quando le notizie erano molto più pessimistiche, nessuno si arrenderà
oggi».
E filosoficamente parlando?
«In quel caso è l’esatto
opposto: i filosofi hanno sempre cercato il senso della vita di fronte
all’ineluttabilità della morte. Sarà un sollievo, no?»