La Stampa 5.10.16
“Grazie a Dio, papà è stato giustiziato”
Il figlio di Hans Frank, il governatore nazista della Polonia racconta a Forlì l’orrore per il padre
di Niklas Frank
Dovete
immaginarvi mio padre Hans Frank come un uomo viscido, dal carattere
sfuggente. È stata la sua viltà a condurlo alla forca. Grazie a Dio è
stato giustiziato a Norimberga il 16 ottobre 1946. Sono contrario alla
pena di morte, ma per mio padre farei un’eccezione ancora oggi. Almeno,
per una volta, ha potuto sperimentare quella paura della morte che ha
imposto milioni di volte a persone innocenti.
Le ultime parole
Mio
padre Hans Frank è stato ministro del Terzo Reich senza portafoglio e
governatore generale della Polonia. In base alle leggi del Reich si
trovava lì in qualità di rappresentante di Hitler, e dunque è stato il
responsabile politico di ogni assassinio avvenuto nel governatorato. Al
processo di Norimberga ha riconosciuto la sua colpa nel massacro degli
ebrei - anche se solo per pochi minuti - e ha poi concluso la sua
sorprendente confessione con la frase: «Passeranno mille anni e questa
colpa della Germania non sarà cancellata». Perché ha sparso così,
improvvisamente, la sua colpa personale sulle teste di 80 milioni di
tedeschi? In chiusura ha però detto: «Voglio rettificare solo una cosa:
nella mia confessione ho parlato di mille anni, prima che la colpa del
nostro popolo causata dal comportamento di Hitler venga cancellata. Non
solo il comportamento dei nostri nemici di guerra - accuratamente tenuto
fuori da questo processo - nei confronti del nostro popolo e dei nostri
soldati, ma anche gli enormi stermini di massa commessi nei confronti
di tedeschi, per quello che ho potuto io stesso constatare, soprattutto
in Prussia Orientale, Slesia, Pomerania e nella zona dei Sudeti da parte
di russi, polacchi e cechi, e che tuttora vengono perpetrati, hanno di
fatto già oggi azzerato completamente la colpa del nostro popolo».
Con
queste parole marciava già sulla strada della negazione dei crimini
tedeschi per il dopoguerra della Germania: compensando i propri crimini
con quelli degli alleati, egli minimizzava i propri. Malgrado le prove
schiaccianti presentate nel corso di un lungo processo, mio padre non
aveva capito nulla. Malgrado in prigione si fosse fatto battezzare
secondo il rito cattolico, anche se avesse avuto un’apparizione di Gesù
nella sua cella, è rimasto un tipico tedesco: ostinato, deciso a non
vedere, vile e viscido fino alla fine della sua vita. Io disprezzo lui e
il suo Gesù tinto di nazionalsocialismo.
Il modo in cui mio padre
ragionava è ben rappresentato dal suo rapporto con Mussolini. Lui amava
il Duce. Così scriveva in un suo manoscritto strappalacrime redatto in
prigione e che successivamente mia madre autopubblicò (ed ebbe anche un
certo successo) con il titolo: Di fronte alla forca: «Oggi sono stato
oggetto di un suo benvenuto davvero cordiale. Ci siamo seduti al tavolo
uno di fronte all’altro. La sua testa aveva una struttura gigante con
una fronte meravigliosamente geniale, sotto i grandi, potenti e
nerissimi occhi brillava la vita, così come io non l’avevo mai vista in
nessun altro uomo, non con questa inesauribile e fiammeggiante
intensità. Mussolini era nato grande, e a differenza di Hitler era uno
spirito libero, né possedeva, come invece Hitler, quell’ideologia
pericolosa e fanatica».
«Il caro Mussolini»
Mio padre era
legato a lui da un amore pieno e untuoso. E continuava: «Tutto ciò che
viene detto oggi su Mussolini dai suoi nemici, che con il suo
ignominioso assassinio portano il peso di una tremenda ingiustizia, è
completamente sbagliato. Egli amava il suo popolo sopra ogni cosa, e per
esso voleva il meglio».
Al contrario di mio padre sono ancora
oggi profondamente invidioso del popolo italiano, che al contrario di
quello tedesco, si è sbarazzato personalmente del suo Führer, anche se
in modo brutale e in forme contrarie allo stato di diritto.
Per
anni mia madre ha intrattenuto un affettuoso epistolario con Edda Ciano
Mussolini, con alcuna consapevolezza, da entrambe le parti, dei crimini
commessi dai rispettivi marito e padre. Nella nostra famiglia veniva
spesso raccontato con orgoglio che Mussolini, dopo la sua liberazione da
parte dei tedeschi, come prima cosa avesse detto. «E adesso deve venire
il ministro della Giustizia Frank!». Per quanto ne so, mio padre è
ancora cittadino onorario di Bologna… Chissà se in qualità di figlio
posso girare gratuitamente sui bus della città?
Per quanto
riguarda la colpa tedesca, lo Stato tedesco, in quanto successore legale
del Terzo Reich, deve preoccuparsi che i risarcimenti alle vittime
vengano garantiti nel modo più generoso possibile. La cosa però è stata
accettata dalla Germania con riluttanza, e ancora molti procedimenti
sono in attesa di essere regolati. Noi, un Paese ricco sfondato, non
possiamo in alcun modo nasconderci dietro sofismi legali.
Temete i tedeschi
Una
colpa individuale sussiste solo ancora fra quei pochissimi tedeschi
ancora in vita che all’epoca presero parte attiva ai crimini. Noi altri
tedeschi siamo tutti non colpevoli. Ci rendiamo tuttavia colpevoli nella
misura in cui non riconosciamo i nostri crimini come tali. E in
conseguenza di questo, secondo me, alberga presso di noi un
antisemitismo in divenire sempre più audace e un crescente odio per i
richiedenti asilo. Io amo la Germania, ma non mi fido dei tedeschi. Non
abbiamo imparato nulla dai crimini dei nostri genitori, nonni e
bisnonni. Dunque, temeteci.