Repubblica 5.10.16
Il mito millenario della guerra santa da cui nacque l’idea di Occidente
La conquista di territorio in nome di Dio è l’atto fondativo della nostra civiltà
E oggi rivive in maniera rovesciata nel terrorismo di matrice islamica
Crociati
di Gad Lerner
Lo
spirito di crociata volteggia ancora sul mondo contemporaneo. La
ragione suggerirebbe di archiviarlo fra le eredità più nefaste del
nostro passato: ci inorridisce il pensiero che si possa uccidere e
uccidersi gridando «Dio lo vuole», oppure «Allah è il più grande». Ma
succede ancora. Allahu Akbar è un’affermazione che risuona familiare non
solo nella preghiera islamica ma anche nei resoconti di tanti efferati
delitti giustificati in obbedienza alla volontà divina. Scatta così un
riflesso condizionato, una specie di déjà-vu: richiamo istintivo a una
contrapposizione atavica, sempiterna. Lo spirito di crociata era
nascosto lì, racchiuso in una zona oscura della memoria collettiva.
Succede per legittima difesa, e del resto sembra che l’intenzione degli
aggressori sia proprio quel-la:
costringerci a indossare
metaforicamente di nuovo l’armatura dei guerrieri medievali
crucesignati. Anche se non ne abbiamo nessuna voglia, e non riusciamo a
immaginarci nei panni di guerrieri di un Dio che conduce il suo esercito
allo sterminio degli infedeli.
Se però sbarazzarsi dello spirito
di crociata resta difficile, non è solo a causa del terrorismo di
matrice islamica. Per quanto fallimentare sia stato il loro esito
militare, quelle imprese ci hanno consegnato un’eredità storica
imprescindibile che va ben al di là della mitologia positiva o negativa
che le circonda. Quando parliamo di Crociate chiamiamo in causa
nientemeno che la nascita dell’Occidente cristiano: un progetto di
civiltà che nei secoli a venire, intorno a quel nucleo originario,
sprigionerà la sua potenza economica e culturale fino a realizzare una
vera e propria supremazia planetaria. In epoche successive verranno la
scoperta dell’America, la nascita dei grandi imperi, la rivoluzione
scientifica e l’illuminismo. Ma il nucleo identitario di quel “nostro”
progetto di civiltà fu concepito allora, come tutti gli storici
riconoscono, sotto la bandiera bianca con le cinque croci rosse,
simboleggianti le cinque piaghe di Gesù, che ancora sventola sul
Patriarcato latino di Gerusalemme. Fu, quella, davvero una prima volta.
La prima volta che sovrani, cavalieri e umili contadini di varie
contrade d’Europa confluirono in un’adunata magmatica ed eterogenea,
accomunati da una fede trasformata in esercizio di potenza. Per la prima
volta accettarono di subordinare, sia pure temporaneamente, i loro
interessi contrastanti al supremo magistero della Chiesa.
Impossibile
spiegare la riuscita provvisoria di quella fusione solo con l’avidità
materiale e le velleità egemoniche dei condottieri in partenza verso
l’ignoto, fossero principi o vescovi o monaci guerrieri. La civiltà
cristiana europea, per la prima volta, si affacciava al di là delle sue
sponde. Insediando i suoi fragili regni e principati a Edessa,
Antiochia, Tripoli di Libano, Gerusalemme e in seguito a San Giovanni
d’Acri, realizzava il primo esperimento coloniale della storia. Per
quanto fra quei guerrieri e fra quei pellegrini ve ne fossero animati
dalle più nobili intenzioni, oggi ci è lecito dubitare che gli autori di
tanti misfatti ne abbiano ottenuto in ricompensa la vita eterna.
Ma
certo, insieme a tante chiese e tanti castelli, edificarono una nuova
visione della politica mediterranea. Non a caso fu coniata allora la
nozione di Outremer, cioè d’Oltremare. Ma nonostante la sua fragilità,
anche l’esperimento di Oltremare si è rivelato gravido di conseguenze
storiche fondamentali. Quella necessità di presidiare terre lontane
diventerà un metodo abituale e una cultura vera e propria. La
dominazione europea, benedetta nel segno della croce come fattore di
pretesa civilizzazione dell’umanità, si sarebbe estesa nei secoli a
venire attraversando gli oceani e colo- nizzando interi continenti. Per
tornare a imporsi negli ultimi duecento anni anche sugli arabi del Medio
Oriente e del Nord Africa, spesso presentandosi come gli eredi
vendicatori dei crociati.
L’autore della più classica storia delle
Crociate, Steven Runciman, pone l’accento sulle convenienze materiali
di chi lasciava un’Europa dove era difficile sopravvivere; e ricorda che
gli stessi predicatori usavano favoleggiare delle enormi ricchezze di
cui i pellegrini sarebbero entrati in possesso conquistando Gerusalemme.
Non meno autorevoli studiosi di parte cattolica preferiscono
sottolineare la virtù sacrificale posta alla base della nascente Militia
Christi. Notevoli sono le pagine dedicate da Paul Alphandéry e Alphonse
Dupront al mito della crociata popolare, interpretata da questi storici
francesi novecenteschi come una sublime espressione di fede. Senza
dissimulare la loro ammirazione, Alphandéry e Dupront decantano
testualmente il cammino della Prima Crociata come «un andare felici
verso lo sterminio». Andare felici verso lo sterminio: ci ricorda
qualcosa?
Quale che sia l’interpretazione preferita,
materialistica o spirituale, resta il fatto che le Crociate pervengono a
noi come un’imponente epopea visionaria. Basta sfogliare l’avvincente
resoconto di Runciman, per quanto scettico e distaccato egli voglia
mantenersi, e ci troveremo immersi in un florilegio di aneddoti
surreali: collezioni di reliquie che vanno dal bastone del biblico
Aronne fino alla scheggia del Vero Legno della Santa Croce, passando per
le più varie parti del corpo dei santi; e poi ancora ordalie,
apparizioni notturne o sui campi di battaglia, rituali magici,
divinazioni chiromantiche. Ce n’è abbastanza per riconoscere in quella
marcia verso il Santo Sepolcro ombelico della Terra un sommovimento
mistico senza pari nella storia d’Europa.
Potrà dunque suonare
dissacrante, oggi, evocare il paragone con la scelta altrettanto
dirompente di migliaia di giovani europei, non cristiani ma musulmani
improvvisati di seconda e terza generazione, partiti per il Medio
Oriente ad arruolarsi nel campo avverso: l’esercito criminale che
pretende di santificarsi nel jihad, il precetto coranico deformato in
guerra santa e reso speculare all’idea di crociata. Ma è difficile
negare che il culto della «bella morte» che spinge gli affiliati nelle
bande dello Stato islamico a considerare senza valore la propria vita
così come quella delle loro vittime, presenta forti analogie con lo
spirito di crociata.
IL LIBRO Crociate di Gad Lerner (Rizzoli pagg. 112 euro 11)