Repubblica 4.10.16
L’Italicum attuale “aiuta” il No. Ma il premier aspetterà il referendum
Ecco perchè la legge elettorale-bis può arrivare soltanto dopo il 4 dicembre
Non è plausibile un’intesa tra le forze politiche nell’arco di alcune settimane
E la discussione su collegi, preferenze e doppio turno rischia di apparire materia per iniziati
di Stefano Folli
A
due mesi esatti dal referendum, solo un punto è chiaro riguardo alla
legge elettorale: l’Italicum così com’è oggi rischia di rafforzare,
quale potente carburante, gli argomenti del No alla nuova Costituzione.
In dicembre non si voterà per il modello elettorale, trattandosi di
legge ordinaria, ma una campagna elettorale volta a indicare i limiti e i
difetti dell’Italicum finisce per raddoppiare la forza del No,
indebolendo di riflesso il fronte del Sì.
Nell’ultimo periodo i
tentativi governativi di dimostrare che non esiste un nesso fra la
riforma Boschi e l’Italicum sono falliti, quando non sono stati
controproducenti. Lo stesso presidente emerito Napolitano ha compreso il
rischio del cortocircuito, al punto che ha esercitato una crescente
pressione sul premier per indurlo a prendere un’iniziativa volta a
togliere dal tavolo la legge elettorale. È riuscito questo sforzo? Solo a
metà, a voler essere ottimisti. Renzi non ha potuto ignorare il
consiglio di Napolitano e, del resto, conviene anche a lui dimostrarsi
disponibile ai cambiamenti. Vero è che l’Italicum fu approvato
ricorrendo al voto di fiducia e spiegando agli italiani che presto il
modello - nella sua efficienza - sarebbe stato copiato da altre
democrazie occidentali. Ma lo scenario è cambiato: oggi che il sentiero
verso il 4 dicembre si è fatto scivoloso, è opportuno essere pragmatici.
E nessuno lo è come il presidente del Consiglio.
Tuttavia la
“disponibilità” di Renzi non sembra destinata a tradursi in
un’iniziativa concreta. Il presidente emerito, ossia il Lord Protettore
della riforma costituzionale, gli ha chiesto esattamente questo: che il
governo non si limiti alle parole, ma dica al Parlamento quale strada
imboccare. In fondo, potremmo aggiungere, l’Italicum fu il prodotto di
un tenace lavoro di cucitura. Renzi teneva al risultato e si spese senza
risparmio per ottenerlo. Oggi egli non è altrettanto propenso a
ricominciare la tessitura in vista di un diverso modello elettorale. E
infatti rimane alla finestra, chiedendo alle forze parlamentari di
mettersi d’accordo fra loro: il che non è plausibile nel poco tempo che
manca alla data referendaria.
In altre parole, il presidente del
Consiglio vuole disinnescare le lacerazioni interne al Pd, evitare di
offendere Napolitano e togliere forza agli argomenti del No. Ma non
sembra che abbia realmente in animo di abbandonare l’Ita-licum che
continua a ritenere “un’ottima legge”. Accetta di smuovere un po’ le
acque, ma in realtà attende il 4 dicembre. Se il Sì vincerà, c’è da
aspettarsi che la legge elettorale resti quella di oggi, appena corretta
dalla prossima pronuncia della Consulta. La quale potrebbe, fra
l’altro, obbligare a stringere accordi di coalizione fra il primo e il
secondo turno. Ne deriva che la discussione di merito sull’abbandono
dell’Italicum, pur effervescente, non dovrebbe portare a nulla prima di
dicembre. Nuovo Mattarellum, proporzionale, collegi uninominali, sì o no
al doppio turno... è solo un confronto fra iniziati che dice poco o
nulla all’opinione pubblica. Senza dubbio non è nell’interesse degli
avversari di Renzi, specie all’interno del Pd, rinunciare alle loro
carte in cambio di una friabile promessa. Se la partita vera è quella
che si gioca intorno al referendum costituzionale, è lì che sono
destinati a concentrarsi gli sforzi dei due fronti, il Sì e il No. Il
resto si vedrà dopo i risultati. Con una precisazione. È chiaro che
l’Italicum fotografa un paese bipolare, mentre oggi la realtà ingloba il
terzo polo “anti-sistema”. Ed è per questo che Renzi ha avviato una
campagna a tappeto contro i Cinque Stelle, mentre al tempo stesso
blandisce il centrodestra. Il suo implicito desiderio è mantenere
l’Italicum e misurarsi in futuro con un avversario post-berlusconiano
(Parisi).
Sull’altro versante, chi giudica in modo negativo
l’attuale legge elettorale dovrà battersi per i collegi uninominali, gli
unici in grado di riavvicinare gli elettori agli eletti superando la
tentazione di “nominare” i parlamentari. Chi vuole più rappresentanza e
non solo stabilità dei governi è di fronte a una via obbligata.