martedì 4 ottobre 2016

Repubblica 4.10.16
“All’Italia servono 157 mila immigrati”
Lo studio dei radicali: sei su dieci non ottengono i permessi di soggiorno
La proposta: regolarizzazione di chi ha un lavoro e legami familiari stabili, sul modello spagnolo del “radicamento”
di Vladimiro Polchi

ROMA. Italia, fabbrica di irregolari. Il 60% di chi chiede asilo non lo ottiene. I canali d’ingresso legale per immigrati economici non funzionano. È questo il rischio che corre il nostro Paese. A suonare l’allarme è un voluminoso rapporto firmato dai Radicali italiani. Due le ricette messe in campo: permessi di soggiorno per ricerca di lavoro e corridoi umanitari d’ingresso.
Il rapporto “Governance delle politiche migratorie” verrà presentato a Roma giovedì prossimo: duecento pagine che fotografano il pianeta immigrazione. I numeri innanzitutto: i cittadini stranieri rappresentano oggi l’8,2% della popolazione, sono più giovani degli italiani e il loro lavoro vale l’8,7% del Pil. Il loro tasso d’occupazione è superiore a quello degli italiani, ma gli sono riservati i lavori meno qualificati. Non solo. Il nostro è il Paese che ospita gli immigrati con il più basso livello d’istruzione e il 48% di loro è a rischio povertà. E ancora: 157mila l’anno è il fabbisogno d’immigrati, «indispensabile per compensare la riduzione della popolazione italiana in età lavorativa, per mantenere l’attuale forza lavoro e per rendere sostenibile il sistema previdenziale». Peccato, però, che l’Italia rischi di trasformarsi in un incubatore di irregolari. «Con un aumento del numero delle domande di protezione e un tasso di non riconoscimento che è giunto, nei primi sei mesi del 2016, al 60% — avverte Riccardo Magi, segretario dei Radicali italiani — è altissimo il rischio che decine di migliaia di persone non lascino il nostro Paese, ma vi rimangano pur impossibilitati a svolgere una regolare attività lavorativa, destinati al lavoro nero e allo sfruttamento ».
Che fare? I Radicali propongono l’addio alle quote e l’introduzione di un permesso di soggiorno per ricerca occupazione con garanzia di intermediari o sponsor privati. E ancora: regolarizzazioni degli irregolari che hanno un lavoro e legami familiari stabili, sul modello spagnolo del “radicamento”. Sul fronte rifugiati, si chiedono canali legali e sicuri d’arrivo in Europa per quanti necessitano di protezione internazionale. Infine, si sottolinea: Paese che vai accoglienza che trovi. Lo Stato che spende di più per l’accoglienza dei rifugiati (costo annuo pro-capite) è l’Olanda (24mila euro), seguita da Belgio (19mila), Finlandia (13mila) e Italia (12mila), mentre quello che spende meno è il Regno Unito (2,5mila euro).
«A causa del blocco delle frontiere europee e della massiccia identificazione negli hotspot — sostiene Magi — da Paese di transito siamo divenuti Paese di destinazione, tenuto a farsi carico non solo del riconoscimento dell’asilo, ma anche dell’accoglienza e dell’integrazione. La sfida sta nel trasformare tutto ciò in una opportunità, adottando politiche efficaci e efficienti basate su percorsi di autonomia, formazione, lavoro e capacità del territorio di includere. Una sfida epocale dalla quale le nostre città, l’Italia e l’Europa possono uscire vincenti o disintegrate ».