Repubblica 3.10.16
Nel Canton Ticino le luci rosse spente dalla crisi “Spariti gli italiani”
Chiusa metà dei club della prostituzione “Tutta colpa del super franco svizzero”
Altro motivo: l’inchiesta della magistratura elvetica, iniziata nel 2012, che ha imposto l’identificazione dei clienti
di Franco Zantonelli
LUGANO.
In Svizzera il super franco, oltre a creare difficoltà all’industria di
esportazione, in particolare a quella orologiera, sta contribuendo a
mandare a picco un altro mercato un tempo fiorente, quello della
prostituzione.
Il fenomeno é avvertito, in particolare, nel Canton
Ticino, che fino a qualche anno fa era una sorta di grande bazar del
sesso, per i clienti italian. Gli affari hanno iniziato a calare, per i
tenutari dei bordelli, in seguito alla crisi finanziaria del 2008.
Quando cioè l’euro, arrivato a quotare una volta e mezzo la moneta
elvetica, ha cominciato a deprezzarsi. Oggi che oscilla poco sotto il
franco e 10 centesimi, anche il turismo sessuale ne risente in modo
pesante. Così i 1.828 locali a luci rosse, recensiti 8 anni fa,
nell’intera Confederazione, dall’università di Ginevra, sono scesi a
902, stando a una ricerca del criminologo di Zurigo, Martin Kilias.
Nonostante il dimezzamento delle case d’appuntamenti la loro cifra
d’affari rimane, comunque rispettabile. «Nel 2014 — scrive in
un’inchiesta pubblicata ieri il settimanale ticinese il Caffè —
fatturavano 4 miliardi di franchi, con un totale di 125 mila clienti».
Stiamo parlando, in euro, di 3,6 miliardi, ovvero circa lo 0,7% del Pil
elvetico. La crisi, tuttavia, c’è e picchia duro, a sentire Ulisse
Albertalli, pioniere dei bordelli ticinesi, titolare dell’Oceano di
Lugano: «Oggi vivacchiamo, perché mancano i clienti italiani». Basta
contare le auto con targhe della penisola posteggiate, nelle sere del
fine settimana, davanti al suo locale. Rispetto agli anni precedenti il
2008 sono più che dimezzate. «Quando l’euro valeva molto una prostituta
incassava 150 franchi per prestazione, che sono scesi a 100 con la
svalutazione della moneta europea», spiega a
Repubblica il
criminologo Michel Venturelli, autore di diversi studi sulla
prostituzione e titolare dell’agenzia investiva IRX di Bellinzona.
«Fatto sta che, attualmente — dice ancora l’esperto — ci sono nel Ticino
7 locali legali e almeno 3 illegali, mentre un tempo se ne contavano
30. Intendiamoci di quei 30 solo l’Oceano di Lugano era in regola con la
legge ». Sì perché, oltre al cambio sfavorevole, un altro motivo di
crisi è stata l’operazione “Domino”, condotta dalla magistratura
ticinese, a partire dal 2012, per fare ordine nel mondo della
prostituzione. Con il risultato che molte ragazze sono andate
all’estero, mentre altre sono finite sui marciapiedi di Zurigo e di
altre città della Svizzera tedesca. Quelle rimaste, a quanto pare, oltre
ad abbassare le tariffe, hanno chiesto ai proprietari dei locali uno
sconto sull’affitto delle stanze, che all’epoca in cui gli affari
prosperavano, erano di circa 100 euro al giorno. Nel frattempo,
ulteriore segnale di crisi, molte prostitute sono finite nel mirino
dell’ufficiale giudiziario, per non aver pagato i circa 450 euro di
imposte dovute, mensilmente, al fisco svizzero. Almeno 44, soprattutto
provenienti da paesi dell’Europa dell’Est, risultano destinatarie di
precetti esecutivi, emessi dall’Ufficio esecuzioni e fallimenti di
Lugano. Quanto ai clienti sono spariti anche a seguito dell’operazione
della magistratura che aveva imposto loro di esibire dei documenti di
identità. Insomma, con le tasche vuote e, in più, privati della garanzia
dell’anonimato, molti italiani hanno preferito desistere, abbandonando i
“paradisi ticinesi” della prostituzione.