Repubblica 3.10.16
Italicum, ora la lite nel Pd si sposta sul ballottaggio
Il
premier non vuole abolirlo, ma scrive a Cuperlo per riaprire il
confronto “Al referendum ci giochiamo i prossimi venti anni. Il 29 uniti
in piazza”
Ma i bersaniani dicono no: per noi l’accordo è possibile soltanto sul turno unico
I sondaggi del leader: “Adesso è testa a testa, un terzo vota Sì, un terzo No, un altro terzo è indeciso”
di Goffredo De Marchis
ROMA.
Adesso il braccio di ferro si sposta sul ballottaggio. La minoranza del
Pd infatti non si accontenta dell’apertura del premier sulla modifica
dell’Italicum. «Noi diciamo no al doppio turno. La nostra proposta è il
turno unico», sentenzia il bersaniano Miguel Gotor. Renzi per il momento
non ribatte , aspetta la direzione del 10 per scoprire le carte (anche
quelle degli altri), vuole verificare che non si consumi una spaccatura
all’interno della sinistra (e non a caso cerca il dialogo con Cuperlo).
Ma conferma che la proposta del Pd ci sarà e andrà in aula alla Camera
prima del voto sul referendum costituzionale. Insomma, non sta facendo
melina.
Detto questo, qualche idea sulle correzioni accettabili ce
l’ha. Non condivide l’idea dei bersaniani del turno unico. «La strada
può essere il ballottaggio di coalizione, un’alleanza che si realizza al
secondo turno.
Così al primo ogni partito esprime le proprie
potenzialità», spiega ai collaboratori. Se c’è una soluzione diversa che
garantisce la governabilità verrà presa in considerazione. Ma quello è
il paletto, intorno al quale può trovare il consenso di Franceschini,
Orfini, Orlando, Martina. Se la minoranza resta fuori dal gioco, sia in
direzione e soprattutto in Parlamento, secondo i renziani, si capirà
meglio il loro gioco. «Che significa votare No al referendum a
prescindere dalla legge elettorale», spiega un deputato fedele al
premier. Comunque, un tentativo di confronto prenderà forma nei prossimi
giorni. Il vicesegretario Lorenzo Guerini sentirà Roberto Speranza e
anche gli altri partiti. Perchè la proposta dem arrivi con l’appoggio di
uno schieramento il più ampio possibile. Malgrado il niet, scontato, di
Renato Brunetta: «Dell’Italicum se ne parla dopo il 4 dicembre, punto».
Renzi
però è soprattutto interessato a creare un clima diverso nel suo
partito, in vista proprio della data del referendum. Ha scritto
sull’Unità una lettera aperta a Cuperlo per dirgli che «saremo, ne sono
certo, dalla stessa parte anche dopo il 4 dicembre, come auspichi». E
per fargli sapere che lunedì prossimo in direzione si discuterà «di
tutto, anche di Italicum». L’appuntamento del 29 ottobre a Roma per una
manifestazione sull’Europa deve vedere il Pd unito, spiega il
premier-segretario. «Un Pd dove ci si confronta, si litiga, si vota ma
senza guru che decidono per noi». Che alla scuola di formazione del Pd
ieri mattina, ai ragazzi, ha confermato la portata storica del
referendum: «È la partita dei prossimi 20 anni, possiamo e dobbiamo
vincerla. Al momento c’è un testa a testa. Un terzo dei cittadini vota
Sì, secondo i sondaggi, un terzo vota No e un terzo sono gli indecisi».
L’enfasi
sul quesito arriva anche da Milano dove si è riunita la Sinistra per il
Sì, il comitato che fa capo a Orfini, Martina, Fassino e Finocchiaro.
Con il referendum, dice il ministro della Giustizia, «faremo il Pd.
Siamo nati per chiudere la transizione». Eppure con la minoranza le
barricate sono sempre alte. «Ogni giorno i pentiti» dell’Italicum dentro
e fuori il PD aumentano di numero- sottolinea Federico Fornaro -. Una
proposta adesso ha tutto l’aspetto di uno sterile diversivo
propagandistico».
Il Pd respinge anche la polemica contro
Napolitano per le sue parole sul Parlamento «ridotto uno straccio».
«Chieda scusa o lasci il Senato», intima Brunetta. Gli ribatte il
capogruppo dem Rosato: «L’ex presidente ha sempre difeso le
istituzioni».