Repubblica 29.10.16
L’intervista. Birgitta Jónsdóttir
La leader dei Pirati “Con noi al governo tornerà la fiducia nelle istituzioni”
“Ci vuole un sistema onesto e trasparente altrimenti vinceranno i Trump e le Le Pen”
di A. T.
REYKJAVIK.
 «Dobbiamo ricostruire una democrazia onesta e trasparente con una nuova
 Costituzione o il potere cadrà in mano ai Trump e alle Le Pen». 
Sorridente nel suo studio, la leader dei Pirati Birgitta Jónsdóttir 
narra la sua battaglia.
Tra poche ore potrebbe dover governare, come si sente?
«Non
 me lo aspettavo. Ce la mettiamo tutta, siamo pragmatici, sappiamo che 
responsabilità decisive possono esserci affidate. Abbiamo consiglieri 
stranieri, tra cui la magistrata anticorruzione Eva Joly. Lei ha creato 
la nostra struttura, ci insegna a scovare i grandi evasori, i “criminali
 dai colletti bianchi”. Guidare la nazione deve indurre a molta umiltà. 
Farò del mio meglio per non deludere la fiducia, mantenere le promesse 
di un governo pulito, trasparente, giusto, anticorruzione. Di un 
cambiamento di sistema».
Cosa volete cambiare?
«Non solo le 
leggi, ma l’intera infrastruttura del sistema. Introdurre una nuova 
cultura: leggi e norme attuate, non solo votate. L’alternativa sono 
malcontento e sfiducia. Primo: dobbiamo restaurare la fiducia nelle 
istituzioni smantellando il loro ruolo di trampolini di potere. A 
partire da gente come l’attuale ministro delle Finanze, un evasore 
eccellente con soldi a Panama, che non si è dimesso. Poi dovremo creare 
un sistema d’informazione totale per il pubblico: forti media 
investigativi indipendenti con pieni poteri d’indagine. Senza i media i 
Panama Papers non sarebbero mai stati scoperti. Un potere che vuole 
evadere le tasse alle spalle d’un Paese con infrastrutture e servizi 
sociali a pezzi cerca sempre di nascondere e coi miliardi all’estero si 
rende complice di contrabbando, schiavitù, traffico d’armi e 
prostituzione, tutto. Alle spalle di ceto medio e ceti popolari, i 
cittadini normali, impoveriti dai loro anni al potere».
Sogna una svolta come quella dell’89 nell’Est?
«In
 un certo senso sì. È difficile: vogliamo salvare la democrazia 
rinnovandola, mentre è in crisi ovunque e ovunque i populisti la 
assediano. Seducendo gli sconfitti dalla globalizzazione, poveri e ceti 
medi, per cui i partiti democratici tradizionali non trovano più 
risposte convincenti. Noi progressisti e liberali nel mondo abbiamo 
bisogno urgente di una nuova visione comune da progettare insieme per i 
cittadini delusi altrimenti perderemo e i Trump e le Le Pen, gli 
estremisti, vinceranno e la democrazia diverrà apparenza e messinscena».
Quando i populisti seducono chiedendo più controlli e “no” a migranti o altre minoranze, come si può reagire?
«È
 difficile ma indispensabile spiegare che si tratta di un nuovo fascismo
 per non lasciare il mondo globale in mano a loro. Uno dopo l’altro 
colpiranno migranti, gente di colore, gay, ogni minoranza. Il mondo in 
mano a loro diverrebbe apartheid introdotta a rate e controllo totale di
 tutti. Ovunque in Europa il tempo stringe per i progressisti: bisogna 
convincere subito elettori, lavoratori, ceti medi che le ricette 
populiste sono errate e pericolose o perdere per sempre. Noi nuovi 
partiti siamo l’unica chance. Ridistribuendo ricchezza, senza suscitare 
troppe speranze. Chi sceglie i “nuovi fascisti” è lasciato solo dai 
partiti tradizionali, teme di perdere tutto per colpa dei migranti, non 
di corrotti ed evasori. E la forbice ricchi-poveri si aggrava, 
esasperando paure e odii».
 
