Il Sole 29.10.16
Il Plenum del Partito di Pechino
Le mosse di Xi, «core leader» cinese
di Rita Fatiguso
Primus
inter pares, leader di un nucleo ristretto o, ancora, capo
incontrastato di una cupola di eletti. Quattro giorni di conclave dei
348 leader del partito comunista seguiti da una conferenza stampa di
altissimo livello organizzata ieri dallo State Council, ancora non hanno
definitivamente messo la parola fine al significato del nuovo status di
“core leader” attribuito dai 348 dell’assise al presidente Xi Jinping. A
partire dal 2012, anno dell’insediamento, il leader cinese ha
concentrato in sé un tale cumulo di cariche - ultima in ordine di tempo
quella di comandante in campo delle forze armate - da fare impallidire i
livelli di potere raggiunti dai suoi precedessori. Xi ha addirittura
passato in rassegna squadroni militari in mimetica, pur non avendo
esattamente un portamento da uomo di trincea.
Nella conferenza
stampa di ieri l’interpretazione autentica del termine “core” è stata
affidata al ministro Huang Kunming, deputy executive del Publicity
department (un tempo Dipartimento della Propaganda), figura vicinissima a
Xi. Una mossa strategica che va nella direzione già nota: c’è una
cerchia di sodali che, con qualsiasi mezzo, protegge il loro “core”
leader. Huang è tra questi e davvero non è un caso che l’uscita pubblica
post congresso sia stata affidata a un politico in grado di mettere
paletti precisi intorno alla figura del presidente e di divulgarne il
pensiero. Un anticonformista, al punto che alla nostra domanda
sull’apporto che la Cina può dare alla governance globale ha esordito
citando l’ottima pizza preparata durante il Summit del G20 di Hangzhou.
Battute a parte, ricordiamo la sapiente regia mediatica sprigionata dal
dipartimento, già al secondo anno di attività Xi ha raccolto nel libro
“Xi Jinping e la governance della Cina” i suoi discorsi e interventi,
ormai tradotti in decine di lingue, un testo grazie al quale ha iniziato
a costruire la propria figura di statista. Ampi stralci dedicati alla
Russia e al suo rapporto con Putin, tanto per ricordare l’affinità con
il presidente russo.
In questi quattro anni di potere lo schivo Xi
Jinping ha comunque impiegato tutte le sue energie nella lotta alla
corruzione e nel rafforzamento della disciplina di partito con il
risultato di concentrare il massimo del potere nelle sue mani. Ma, in
occasione di questo sesto comitato centrale, Xi ha dovuto comunque
mettere in chiaro le posizioni in vista del prossimo quinquennio di
potere che sta preparando con cura meticolosa.
Che occasione
ghiotta e che grande responsabilità quella di imbroccare le pedine
giuste per sostituire, intanto, i cinque dello Standing committee che
vanno in pensione a fine 2017. Di questi, forse, rimpiangerà solo Wang
Qishan messo a capo dell’organismo dell’anticorruzione, l’ex sindaco di
Pechino che l’ha spalleggiato senza esitazione nella lotta al malaffare,
una maxi-retata da un milione di persone, sugli 88 aderenti al partito.
Gli altri dovranno essere sostituiti con figure più affini alla linea
politica del presidente. C’è però da chiedersi i reali motivi di questa
svolta core che non è solo nominalistica. Ha forse bisogno di definire
il suo potere blindandosi in una definizione sul genere core leader un
altro leader molto amato e ammirato da Xi che trasuda potere e forza da
tutti i pori come il russo Vladimir Putin? Certamente no.
Se è
quel tipo di forza alla quale Xi punta, la sfilza di esegesi che si
rincorre in questi giorni dimostra che non tutte le partite sono ancora
completamente chiuse. I nomi, intanto. Ufficialmente nulla è trapelato,
ma la disposizione dei leader durante i lavori nelle immagini che hanno
iniziato a filtrare ieri dalle trasmissioni della Tv di Stato mostravano
alcuni volti ben schierati, lo Standing committee, i componenti dello
State council, nomenklatura già vecchia, come il governatore della Banca
centrale, incanutito, ormai alla fine del terzo mandato e forse l’unica
deroga all’età pensionabile già in essere per volere di Xi Jinping.
Però si notava in primo piano la figura di Hu Chunhua. Nato negli anni
Sessanta è considerato un leader di sesta generazione. Nonostante ciò,
la sua corsa sembrava essersi fermata, ma Hu Chunhua che si è distinto –
in linea con Xi - come castigamatti della sua provincia, dai corrotti
alle prostitute di Dongguan, in questi giorni sedeva tranquillo ben in
prima linea con la sua capigliatura brizzolata. Una giovane leadership
che cova sottotraccia e che potrebbe riservare sorprese.