sabato 29 ottobre 2016

Corriere 29.10.16
Steven Affeldt, professore di filosofia con studi a Berkeley e Harvard
Così la filosofia ha invaso la nostra vita
di Daniela Monti

«Le persone che prendono una laurea in contabilità diventano contabili. Quelle che si laureano in filosofia diventano amministratori delegati», dice al New York Times Steven Affeldt, professore di filosofia con studi a Berkeley e Harvard. Non va sempre così. Alla cena dell’Università Bocconi di Milano in onore di Stefano Sassi, amministratore delegato di Valentino nominato ex alunno dell’anno per il 2016, il manager raccontava di essere stato «tentato dalla filosofia», ma di essersi poi indirizzato, più giudiziosamente, verso studi economici che lo hanno portato al vertice della casa di moda, passata, sotto la sua guida, dai 200 milioni di fatturato del 2006 ai 1.100 previsti per il 2016. Una carriera strepitosa.
La filosofia accademica soffre: negli atenei italiani, negli ultimi dieci anni, le immatricolazioni al corso di laurea sono calate del 22 per cento (lingue è cresciuta del 12, matematica del 27). C’è però un’altra filosofia, semplificata nel linguaggio ma non banalizzata, accessibile ma che non rinuncia ad essere «spaesante», come la definiva Socrate. Questa nuova filosofia — che ha poco a che vedere con le tecniche di problem solving — si è ritagliata nuovi spazi, inconsueti: sportelli comunali dove trovare «consulenza filosofica» (l’ultimo in ordine di tempo è stato aperto a Liscate, fuori Milano, ma la lista è lunga, da Palermo allo «spazio filosofico» nel carcere minorile Ferrante Aporti di Torino), corsi pomeridiani di «potenziamento alla filosofia» per le classi degli ultimi anni degli istituti tecnici, corsi per i bambini delle elementari e una miriade di testi che danno risposte semi-rigorose alle «domande di senso», avventurandosi nella storia del pensiero senza restare impantanati nei tecnicismi.
È filosofia, autentica filosofia? Forse è vero quello che scrive il Financial Times , «la filosofia, per rimanere in vita, ha bisogno dolorosamente della cultura pop», ma il punto centrale è che questo risveglio di interesse per una discussione critica, per la scoperta dei possibili significati delle cose, di noi stessi e del mondo e anche per la capacità di dare e riconoscere il «senso» del reale appare genuino. Così Alain Badiou, il grande filosofo francese, ha successo con il suo «La vera vita» (Ponte delle Grazie), in cui si rivolge ai giovani spiegando che il compito della filosofia è insegnare «la vita vera, qualcosa per la quale vale la pena vivere, e che si lascia di molto alle spalle il denaro, i piaceri e il potere». Mentre Leonardo Caffo, giovane filosofo dell’Università di Torino, ne «La vita di ogni giorno. Cinque lezioni di filosofia per imparare a stare al mondo» (Einaudi), dimostra come la filosofia sia in grado di modificare il nostro sguardo, dilatando i confini del nostro piccolo mondo e insegnando a fare della vita «un’occasione di felicità».
Gli «sportelli filosofici» hanno la stessa finalità: si rivolgono a persone che «a prescindere dall’età, attraversano un disagio, un vuoto e vogliono approfondire il senso, la direzione del viaggio personale o di relazione». Neri Pollastri, fra i primi consulenti filosofici in Italia, spiega che il suo lavoro consiste «nello sciogliere nodi attraverso una lettura lucida, razionale, coerente, il contrario di quanto invita a fare la cultura emozionalistica in cui siamo immersi, la quale dice che prima di tutto vengono i sentimenti, e solo in coda la ragione».
La ragione, appunto. «Più di tutto, bisogna saper ragionare», è quanto l’università di Oxford chiede ai propri studenti. Perché comprendere il «punto essenziale» — una delle prerogative della filosofia — è la nuova sfida: nell’epoca dei motori di ricerca, la capacità di fare collegamenti tra diverse fonti di informazione è più importante della conoscenza stessa. «Si può sempre imparare a leggere un bilancio, più difficile è imparare a capire le cose al volo», ha detto nel suo discorso agli studenti a Stanford Damon Horowitz, professore alla Columbia, che a Google ha avuto l’incarico, inesistente altrove, di in-house philosopher/Director of Engineering.
«C’è una maggior richiesta di orientamento nella vita, di comprensione — dice Moreno Montanari, analista biografico ad orientamento filosofico —. Fino a non molto tempo fa c’erano riferimenti solidi, quasi tutoriali: il partito, la storia, la religione, la famiglia. Anche il successo e il lavoro. Tutte realtà che stanno svaporando. Agli incontri in cui si parla di filosofia vedo molte persone sui 50 anni: vengono perché realizzarsi nella famiglia e nel lavoro non basta più, hanno bisogno di orizzonti più ampi. E poi è aumentata la percezione della scarsità di relazioni autentiche che possano facilitare la comprensione di ciò che siamo. Le relazioni sono quasi sempre strumentali. La filosofia non insegna a essere efficaci, bravi, seri, giusti. Insegna a essere».