sabato 29 ottobre 2016

Repubblica 29.10.16
Oggi si vota
Il potere ai Pirati l’utopia dell’Islanda
di Andrea Tarquini

REYKJAVIK NIENTE poster né slogan. Non se ne vedono dall’aeroporto alla città, né nel vivacissimo centro di Reykjavik, tempio di movida giovanile e concerti pop globali. Eppure, tra poche ore, proprio qui in Islanda può arrivare uno scossone politico senza precedenti, che potrebbe avere anche conseguenze in Europa.
ALLE elezioni politiche anticipate di oggi, dopo una campagna vivacissima svoltasi prevalentemente online, ma anche sugli altri media, una coalizione guidata dai Pirati, potrebbe spodestare il governo conservatore di “Progressisti” e “Indipendenti” macchiato dallo scandalo dei Panama Papers. Per la prima volta, se i sondaggi saranno confermati, i Pirati, il nuovo partito anti-establishment che sfugge a etichette di destra o di sinistra, potrebbe guidare un esecutivo. Trasparenza totale, democrazia diretta e “liquida” online, droghe depenalizzate, asilo promesso a Edward Snowden, la Gola profonda dell’Nsa. Ma anche l’impegno di riformare la Costituzione in senso più democratico e di non toccare il miracolo economico in atto nel Paese. Tra poche ore la promessa della leader di questo partito nato circa cinque anni fa, la “piratessa in capo” Birgitta Jónsdóttir, poeta, artista multitasking, ex amica di WikiLeaks e di Assange, potrebbe diventare realtà.
«Gli islandesi sono stanchi di corruzione e nepotismo», accusa Birgitta a ogni comizio, e la gente applaude. Non basta lo spettacolare rilancio dell’economia grazie a svalutazione, austerità e turismo, rilancio che è venuto dopo la crisi finanziaria del 2008. Crisi che portò al fallimento delle tre banche principali, a un’ondata di suicidi e alla caduta del Pil del 60 per cento in pochi mesi. Oggi l’economia, grazie soprattutto al turismo (2,4 milioni di visitatori l’anno qui con 330mila abitanti) corre al 4,3 per cento, la disoccupazione è appena sopra il 3 per cento. E migliaia di giovani est-europei o asiatici trovano un lavoro dignitoso, corsi di lingua e alloggi. «Sappiamo che non basta, il colpo dei Panama Papers è stato duro», mi confessa Birgir Armansson del Partito dell’Indipendenza, uno dei due gruppi conservatori ancora al potere. «Il popolo scelga sovrano, ma si rischia la fine di stabilità e certezze che noi abbiamo offerto al Paese, alla Nato, a tutta l’Europa».
Stabilità e certezze non bastano, sebbene il benessere qui lo tocchi con mano. In primavera, il premier David Gunnlaugsson, travolto dallo scandalo dei conti off-shore a Panama, dovette dimettersi. «Ma resta deciso a fare il burattinaio nell’ombra», dice Gerdur Kristny, scrittrice di punta, eroina del femminismo. «E per questo ho paura che alla fine — prosegue — tra la gente vinca la rassegnazione, e la speranza che un giorno i partiti dei ricchi con in mano la torta si decidano a distribuirne fette anche a chi è rimasto fuori dalla spartizione. Quelli ancora al potere sono pericolosi. Pur di aggrapparsi alle poltrone promettono sgravi fiscali che darebbero il colpo di grazia a scuola, sanità e servizi per gli anziani, già alle corde».
Non tutti cedono a timori pessimisti, tra i vincitori annunciati. «Dobbiamo farcela, per il Paese e per l’Europa», afferma Einar Karason, decano degli scrittori impegnati. «Una coalizione tra Pirati, verdi di sinistra, socialisti e il nuovo partito “Futuro luminoso” è possibile. Sebbene l’indignazione per i Panama Papers si allontani, e sebbene la nuova maggioranza possa rivelarsi fragile e litigiosa a ogni momento».
Possono vincere, insiste Karason schierato con loro, «ma poi dovranno prendere decisioni dure contro le lobby di armatori e nuovi ricchi: fare presto una coalizione, prima che i vecchi partiti e il nuovo gruppo conservatore-europeista Vidresin si allei con gli altri». «Non solo aumenti di tasse per i ricchi senza danneggiare l’economia — aggiunge lo scrittore — anche leggi sulla sovranità marittima per far sopravvivere la pesca, che le grandi potenze ci stiano o no. Se i Pirati non ce la faranno, a breve o medio termine, vinceranno anche qui destre tradizionali e populisti che già se la prendono con i pochi musulmani residenti, tutti moderati. Sarebbe un colpo all’Europa. A ogni costo, dobbiamo farci trovare pronti a governare».