mercoledì 26 ottobre 2016

Repubblica 26.10.16
Le larghe intese in trincea
di Antonio Polito

Le larghe intese stanno tornando di moda. A lungo vituperate come una triste sfumatura di grigio nel variopinto mondo della politica, come il trionfo del compromesso deteriore o addirittura dell’«inciucio», le alleanze tra moderati di destra e di sinistra sembrano diventare una delle poche armi di difesa dei partiti tradizionali dall’assalto delle forze nuove, alimentate ovunque dalla rivolta contro l’establishment. Dopo la Germania e l’Austria, Paesi in cui governa una Grande Coalizione composta da popolari e socialdemocratici, ora è arrivata la Spagna, dove solo la crisi del partito socialista e la sua resa finale consentiranno finalmente la nascita di un governo Rajoy, dopo dieci mesi di tentativi e due elezioni. Ma anche la Francia, seppure con il suo particolarissimo sistema istituzionale ed elettorale, sembra proiettata verso una convergenza tra elettori conservatori ed elettori socialisti: solo coalizzandosi al secondo turno potrebbero consentire a un candidato moderato (Juppé?) di battere al ballottaggio Marine Le Pen (come già successe con Le Pen padre, quando gli elettori di sinistra si turarono il naso e votarono l’odiato Chirac).
Molti osservatori ritengono che anche da noi una qualche forma di alleanza tra Pd e Forza Italia sia la soluzione obbligata in caso di vittoria del No al referendum, perché a quel punto bisognerebbe per forza rifare la legge elettorale (visto che il Senato non ne ha più una) prima di tornare alle urne. È possibile.
Andrebbe anzi aggiunto che perfino la coalizione che sostiene il governo attuale è per molti aspetti figlia delle larghe intese successive allo choc elettorale del 2013, quando il successo dei Cinque Stelle impedì la nascita di una maggioranza politica. Renzi tiene infatti insieme il partito della sinistra democratica più un partito che si chiama Nuovo Centrodestra più una pattuglia di parlamentari che, con un colpo d’ala verdiniano, si sono staccati da Forza Italia. Se dopo il referendum si aggiungesse via Parisi anche Berlusconi, che del resto c’era pure prima con il governo Letta, nessuno potrebbe dirsi sorpreso.
Questo ritorno al passato delle larghe intese è un segno di debolezza del sistema? Certamente sì. Vuol dire che le forze tradizionali hanno sempre meno voti, e dunque devono sommarli per restare a galla mentre passa la marea. È l’alternativa del diavolo di fronte alla quale si sono trovati i socialisti spagnoli: hanno perso così tanti elettori che ora devono sostenere il governo dell’avversario pur di non tornare alle urne e perderne molti altri.
Questa reazione di autodifesa potrebbe anche produrre l’effetto opposto, dando forza proprio ai movimenti «populisti» che intende contrastare. Ridurrebbe inoltre ulteriormente la differenza tra destra e sinistra, un processo in corso da quando le politiche economiche comuni in Europa ne hanno di fatto omologato i programmi.
Ma c’è da dire che il reale raramente è irrazionale. Se cioè si diffonderanno in Europa, vuol dire che le larghe intese rispondono anche a un’esigenza più profonda. Come in Italia negli anni Settanta la Grande Inflazione portò alla Grande Coalizione tra Dc e Pci, oggi potrebbe essere la Grande Stagnazione dell’economia la causa di un nuovo serrare le file di partiti un tempo alternativi. È come se si avvertisse che è impossibile governare con numeri risicati un tale sconvolgimento sociale, un’epoca in cui la classe media si svuota, i poveri crescono, i giovani non hanno più davanti a sé la vita dei padri, e certamente non più il lavoro dei padri. Nessuno al governo ha la ricetta per riprendere la strada del benessere, ma tutti sanno benissimo che non ce l’hanno di certo le forze antisistema (basta guardare al disastro Syriza in Grecia). Fermarne l’ascesa, anche a costo di temporanee larghe intese, potrebbe apparire a molti il minore dei mali.
Il problema, in ogni caso, sarebbe trovare leader della statura intellettuale e morale per gestire una fase così delicata e rischiosa. In Germania ce l’hanno avuta Willy Brandt e Angela Merkel, in Italia Moro e Berlinguer.