mercoledì 26 ottobre 2016

Repubblica 26.10.16
Perché No
Valerio Onida
“Una scelta centralista con disparità clamorose”
Valerio Onida è stato presidente della Corte Costituzionale e insegna Diritto Costituzionale alla Statale di Milano

ROMA. La riforma Boschi riaccentra le competenze a favore dello Stato e a scapito delle regioni. Questo per evitare duplicazioni e superare l’enorme contenzioso apertosi alla Corte Costituzionale. Non era un passo necessario, professor Valerio Onida?
«Quelle stesse forze politiche che nel 2001 vollero la riforma del titolo V, tanto da portarla all’approvazione a stretta maggioranza, oggi propongono una riforma che inverte totalmente il segno di quella, senza motivazioni fondate. È un segno preoccupante di “leggerezza costituzionale”. Non è vero che il contenzioso costituzionale fra Stato e regioni sia dovuto alle “competenze concorrenti”. Nasce dall’uso estensivo dello Stato di certe sue competenze “trasversali”, e soprattutto dal fatto che la riforma del 2001 non è stata attuata dallo Stato con una la legislazione che definisse le materie. La scelta del centralismo fa regredire il nostro assetto regionalistico, in contrasto con l’articolo 5 della Carta, che chiede alla Repubblica di adeguare “i principi ed i metodi della sua legislazione alle esigenze dell’autonomia e del decentramento”».
Non crede che l’attuale frammentazione di competenze allunga i tempi delle decisioni a scapito dei cittadini?
«Sprechi e lungaggini non nascono dall’assetto costituzionale dei rapporti fra Stato e regioni. Queste hanno le loro colpe, ma la responsabilità principale è dello Stato, della sua legislazione, che cambia ogni momento, e della prassi delle amministrazioni, spesso farraginosa».
Dal riaccentramento sono escluse per ora le 5 regioni a statuto speciale. Crede che questo possa portare a delle disparità?
«La disparità è clamorosa. Le ragioni originarie della specialità in parte sussistono ancora, ma oggi vi sono disparità del tutto ingiustificate. La riforma le aggrava: mentre nel 2001 si sono giustamente estese alle regioni speciali le autonomie attribuite a quelle ordinarie, qui, al contrario, si esclude l’applicazione ad esse delle nuove norme più restrittive».