il manifesto 26.10.16
Referendum e manovra, la strategia del 4 dicembre
di Andrea Fabozzi
Adesso
è sotto gli occhi di tutti: avremmo potuto votare per il referendum in
una qualsiasi delle (cinque) domeniche di ottobre. Non c’erano
controindicazioni; la sessione di bilancio in parlamento, come si è
visto, comincerà a novembre, perché il governo sta ritardando (oltre i
limiti di legge) la presentazione della manovra alla camera. Era la
promessa iniziale di Renzi: votare a ottobre, «il più presto possibile»,
«a naso il 2 ottobre», «di certo non sotto Natale». E invece tra la
fine di luglio e l’inizio di agosto gli annunci sono stati smentiti,
quando il governo si è reso conto che il Sì aveva da recuperare molto
terreno al No. La legge di bilancio è diventata allora un’occasione di
propaganda; il referendum è stato spostato a dicembre.
Adesso è
evidente anche un’altra cosa: la paralisi del paese a causa della
lunghissima campagna elettorale. Dalle leggi ferme in parlamento alla
ricapitalizzazione delle banche al rapporto con l’Europa, tutto è
bloccato in attesa di sapere se vincerà il Sì oppure il No. È un
problema, eppure è esattamente quello che cercava Renzi, prolungando il
tormento. Perché le emergenze che si accumulano sono la posta che il
premier giocatore vuole mettere nel piatto del 4 dicembre. A quel punto
chiederà agli elettori, come ha già cominciato, volete rischiare che
crolli tutto?
Dunque serviva a favorire il Sì e non a «mettere in
sicurezza la legge di bilancio», la decisione di votare quasi a Natale.
Altro che manovra blindata grazie all’approvazione alla camera e in
commissione al senato – come desiderava Mattarella o come gli è stato
fatto credere. Il governo sta tardando tanto nel presentarla che
potrebbe essere a rischio anche il primo via libera di Montecitorio per
la fine di novembre: il voto imminente giustificherà un’altra forzatura
del governo sul parlamento. Ma la manovra sarà ancora in mezzo al guado.
E al referendum ci chiederanno di votare anche su Equitalia.