martedì 25 ottobre 2016

Repubblica 25.10.16
La corsa populista verso il referendum
di Stefano Folli

COME era prevedibile, la campagna per il referendum si sta trasformando in una rincorsa demagogica. Di qui al 4 dicembre si tenderà a discutere sempre meno nel merito della riforma Renzi-Boschi e sempre più si cercheranno scorciatoie per conquistare il consenso dell’opinione pubblica.
OVVIO che su questo terreno i Cinquestelle sono quasi imbattibili. Non a caso la proposta di dimezzare con un taglio netto gli stipendi dei parlamentari è confezionata come un pacchetto esplosivo in grado di colpire in più direzioni.
In primo luogo serve a rilanciare il profilo pubblico dei piccoli leader in affanno, bisognosi di un po’ di maquillage. Di Maio, certo, ma anche Di Battista. Grillo li lascia galoppare in libertà, trattandosi di un tipico tema anti-casta, un cavallo di battaglia del M5S da cui è difficile farsi disarcionare. Senza troppa fatica si possono mettere sulla difensiva le altre forze politiche e il Pd in particolare, ossia il vero bersaglio dell’operazione. In fondo è un gioco di specchi, perché è tutto da dimostrare che parlamentari pagati la metà lavorerebbero meglio. Al contrario, c’è l’evidente rischio che sarebbero sostituiti alla prima occasione da altri, dequalificati e meno preparati, ma proprio per questo disposti ad accettare un compenso economico più modesto.
Ovviamente la proposta dei Cinquestelle non andrà in porto, né prima né dopo il referendum. Ma forse avrà ottenuto il suo scopo: ravvivare il sentimento anti-sistema che serpeggia tuttora nell’opinione pubblica e rendere più complicato per Renzi indossare l’abito del “grillino” in doppio petto. Quest’ultima è infatti una tentazione alla quale il premier non sempre sa resistere. Consapevole che la campagna del No si alimenta anche con i temi della cosiddetta anti-politica, il presidente del Consiglio tende ad ammiccare in quella direzione. Basti pensare a quei manifesti che recitano all’incirca: “Vuoi ridurre il numero dei politici e il loro costo? Basta un sì”.
Questo significa scherzare con il fuoco. Sul terreno della guerra populista alla “casta”, i Cinquestelle avranno sempre un vantaggio. E non sarà sufficiente prendersela con le assenze e i rimborsi spese di Di Maio, così come è illusorio immaginare che i pasticci della Raggi a Roma producano a breve la crisi del movimento. Sullo sfondo della stagnazione economica e con l’Unione europea che contesta le mancate coperture della manovra finanziaria, il confronto fra sistema e anti-sistema è destinato a durare ancora a lungo. E inseguire il movimento di Grillo sul suo terreno preferito rischia di accrescere il suo consenso, anziché sottrargliene una fetta. Il che è doppiamente rischioso perché non si sta litigando intorno a un voto locale, bensì sull’ipotesi di approvare o rigettare un progetto di nuova Costituzione. La quale non può nascere dalla premessa che la politica e quindi il Parlamento, ossia i legislatori, servono a poco e costano troppo.
Tutti sanno che questo è l’argomento dei Cinquestelle, la chiave del loro successo. Per svuotarlo, è verosimile che occorra rivendicare invece la dignità delle istituzioni e dei rappresentanti del popolo. Renzi, incalzato e infastidito dall’offensiva anti- casta, ha controproposto di punire gli assenti, riducendo loro l’indennità (e i rimborsi) in proporzione al mancato lavoro parlamentare. È un’idea di buon senso con il torto però di arrivare in contro tempo, per cui sembra — e in effetti è — una mossa dell’ultim’ora imposta dall’iniziativa “grillina”.
In realtà la soluzione del rebus dipende dalla qualità dei parlamentari, quindi dalla capacità di selezionarli in base alle competenze e — perché no? — anche alla passione civile. Se è così, più che un mucchio di stipendi dimezzati, serve una legge elettorale in grado di restituire ai cittadini il diritto/ dovere di scegliersi i propri rappresentanti conoscendoli uno per uno e valutandoli di conseguenza. Ora che l’Italicum è in procinto di essere abbandonato — a voler credere alle parole dette e ripetute — , si presenta l’occasione di dare una risposta seria e non demagogica al populismo di Grillo.