lunedì 24 ottobre 2016

Repubblica 24.10.16
Se traballa anche la stabile Germania
di Andrea Seibel

C’È PAESE in Europa (per non parlare del mondo) che possa dirsi stabile? Non lo è la Gran Bretagna, e non lo sono neppure la Francia, l’Italia o la Polonia. Gli Stati traballano come le icone sull’iPhone. Allarmati, spegniamo in telefonino. Ma resta la sensazione di non sentire più la terra sotto i piedi, di non vedere una sponda. Persino un navigato agente dei servizi segreti americani come Michael V. Hayden è arrivato a dire di non aver mai visto, nel corso della sua lunga esperienza, un mondo così complesso. Come non sentire odore di bruciato?
Ma quando mai la paura e il catastrofismo hanno risolto qualcosa? Putin, la Siria, i migranti, il Ceta, l’euro-crisi… Non sarebbe più utile, in quest’epoca così intricata, un atteggiamento più equanime, il distacco illuminato di chi sa quanto è in grado di reggere? Perché non dobbiamo mai dimenticare che accanto alle brutture c’è sempre anche il bello e il buono: basta vederli. La Storia non è mai unidimensionale.
Naturalmente i britannici si troveranno in cattive acque. Brexit non si può far passare come un’avventura qualunque; non è stato un capriccio della Natura. Ma nel lungo termine non riesco a immaginare una Gran Bretagna in agonia. Penso piuttosto a un “work in progress”, a una nuova esperienza di auto-aiuto. Anche in Francia, da qui alle elezioni assisteremo a molti spettacoli indecorosi: ci ha già pensato ultimamente un François Hollande ridicolo e incredibilmente immiserito, con le sue “Memorie”. Eppure, malgrado le tante calamità (e non parlo solo di Le Pen ma anche della ben nota smania di riforme) si avverte che questo Paese ha ancora un’elevata qualità di vita, e immense riserve di amore per se stesso. Sì, amore per se stesso.
Non starò a passare in rassegna uno Stato dopo l’altro, e tanto meno a deplorare quanto accade in America. E non perché mi manchi l’interesse per gli altri. Il fatto è che siamo troppo presi dalle vicende delle nostre rispettive società. Quand’è che abbiamo incominciato a vedere troppe cose solo in termini di crisi e di declino? È davvero solo per colpa dei populisti di destra, o fors’anche per pigrizia, per l’incapacità di agire con spirito combattivo?
Dato che non vorrei, da tedesca, aver l’aria di una predicatrice evangelica, dirò ora qualche parola sul mio Paese. Abbiamo anche qui un nuovo partito furiosamente separatista, che ancora gattona e gioca nel fango come un bambino piccolo, ma pretende di cambiare tutto da cima a fondo. Al punto in cui siamo, il governo di lungo corso di Angela Merkel è al tempo stesso un peso e una fortuna. All’interno della grande coalizione ha ridotto i socialdemocratici al lumicino — il che non vuol dire che questo partito non avrebbe subìto la stessa sorte anche senza di lei. Ma in questo Paese, persino una grossa sfida come la crisi dei migranti non ha ancora prodotto danni irreparabili: un vero miracolo di stabilità.
Resta però un’aspirazione, un bisogno: la voglia di un progetto di sinistra, il desiderio di tornare a schierarsi, a confrontarsi. Si è tradotto in una sigla: R2G. Suona un po’ come “red to go” (a somiglianza di “coffee to go”); e sta ad indicare una coalizione rosso-verde. Una costellazione che non arriverà mai a diventare maggioranza nella società, e non solo per via dell’Afd e del ritorno dell’Fdp, ma per l’impossiblità di risolvere le sue contraddizioni interne, a fronte della puntigliosità ideologica della Linkspartei, il partito della sinistra. È una finzione matematica, un gioco di numeri, un articolo di lusso. Anche la Germania traballa — eppure al tempo stesso continua a rimanere stabile.